ACCOGLIENZA IMMIGRATI: UN'INTERROGAZIONE PER STABILIRE REGOLE E CRITERI CHE EVITINO SPECULAZIONI

Insieme ai colleghi Chiara Gribaudo, Luciano Agostini, Francesco Prina, Paolo Rossi, Simonetta Rubinato, Assunta Tartaglione, Maria Amato, Gessica Rostellato, Sabrina Capozzolo, Alessia Rotta, ho presentato un'interrogazione al Ministro dell'interno per chiedere di individuare criteri qualitativi e di professionalità minimi per le attività di accoglienza degli immigrati sul nostro territorio rafforzando i controlli sul rispetto delle convenzioni. L’interrogazione chiede anche se non si ritenga necessario prevedere percorsi formativi ed un’abilitazione all’accoglienza per svolgere attività in quest’ambito.

In base dei dati raccolti dalla UNHCR, la UN Refugee Agency, gli arrivi via mare di immigrati, nei primi nove mesi del 2016, sono in totale 131.702 di cui 16.792 nel mese di settembre. In Italia arrivano soprattutto uomini (70%) con un numero considerevole di minori non accompagnati, per altro in continua crescita (16%). Purtroppo la cosiddetta “relocation”, la ripartizione dei migranti fra i vari paesi europei, nonostante le pressioni del nostro paese e gli impegni formali della Commissione UE, procede a ritmi lenti e non produttivi: a settembre 2016, su 160.000 persone che devono essere redistribuite tra Grecia e Italia entro un possibile settembre 2017, soltanto 5.290 sono state riallocate nei paesi europei e, di queste, solo 1.156 provengono dall’Italia, le restanti tutte dalla Grecia; parliamo di un 3% del totale. 

L’Italia ha operato fin dall’inizio di questa emergenza umanitaria nell’ottica della tutela della vita e delle vite oltreché del pieno rispetto delle regole internazionali ed europee e della nostra Costituzione. Si è messo in campo un investimento in termini economici, di energie, impegno civile e umano, con un coinvolgimento diretto delle forze militari e delle strutture civili giuridiche e sociali, con capacità sociali ed assistenziali assolutamente straordinarie, uno sforzo mosso dalla necessità e dalla volontà di rispondere ad una emergenza senza erigere muri, ma anche senza creare tensione sui territori e nelle comunità. Ma nonostante l’imponente sforzo messo in campo, il sistema appare purtroppo ancora frammentato e non sempre sufficientemente coordinato in modo strutturale e controllato.

Ma alloggiare i richiedenti asilo, evitando conflitti con le comunità locali e non riconducendo il tutto ad una mera fornitura di cibo e posto letto, è questione complessa, entrano in gioco questioni sociali, culturali, economiche. Il rischio di risposte di accoglienza spudoratamente improntate al business, crea in molti casi tensioni anche sui territori, compromettendo l’immagine complessiva dello sforzo in atto. Alcuni imprenditori stanno lucrando sul fenomeno e rimettono in uso strutture ricettive che non sempre sono adeguate a diventare centri di accoglienza, mentre alcune cooperative candidate, non sempre hanno i requisiti e le competenze per poterlo fare.

Nei giorni scorsi anche nel cuneese, a Monterosso Grana un paese con poche centinaia di abitanti è stato profondamente scosso dalla notizia dell’arrivo di circa 100 migranti per i quali si è riaperta una struttura alberghiera dichiarata inagibile nel 2008. 
In questa come in altre realtà e comunità locali il numero dei rifugiati pare essere eccessivamente alto in relazione ai resident.

Serve introdurre elementi di proporzionalità tra il numero dei rifugiati accolti ed i residenti. Visti i numeri e vista la situazione che nella sua straordinarietà sta purtroppo diventando ordinaria è necessario un approccio strutturale con regole e modelli organizzativi definiti. Per questo nell’interrogazione chiediamo se non sia necessario che si individuino percorsi formativi obbligatori e un’abilitazione per garantire requisiti minimi e una provata professionalità per candidarsi all’accoglienza di cittadini migranti. Altresì, è indispensabile prevedere una verifica serrata del rispetto della convenzione di affidamento una volta avviata.

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