ACCORDO SULLE PENSIONI

In data 28 settembre governo e sindacati hanno firmato un documento sugli interventi previsti in tema di pensioni per i prossimi tre anni. Dopo l’incontro al ministero del Lavoro con i segretari di CGIL, CISL, UIL, Giuliano Poletti ha dichiarato che saranno stanziati 6 miliardi di euro nei prossimi tre anni, partendo con risorse inferiori ai due miliardi per il prossimo anno e poi a crescere nei due successivi. Per la decisione finale bisognerà attendere metà ottobre e la prossima legge di bilancio.
L’accordo è strutturato in due fasi: nella prima fase ci sono le misure su cui c’è stata maggior condivisione e che in linea di massima saranno applicate a partire dalla prossima legge di bilancio, mentre la seconda fase contiene le modifiche ancora da approfondire. 

Mentre la fase due verrà trattata nel dettaglio  a partire dal 2017, nella prima fase sono previste questa serie di misure:

No tax area
Attualmente, per non far pagare le imposte ai pensionati meno abbienti si riconoscono delle detrazioni fiscali, uno sconto sull’Irpef variabile a seconda del reddito dichiarato. La no tax area è la soglia di reddito al di sotto della quale non si paga l’Irpef. 
L’accordo prevede che ai pensionati con più di 74 anni con assegni pari a 8.125 euro lordi l’anno (stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti) sia aumentata la detrazione d’imposta attualmente riconosciuta a una fascia di pensionati che hanno invece un reddito inferiore. Con questa modifica, si aumenterà di qualche decina di euro al mese la pensione.
Quattordicesima
Nel documento gli interventi previsti sulla quattordicesima sono due: aumento dell’assegno pari a circa al 30% per i 2,1 milioni di pensionati che già oggi lo prendono; estensione della quattordicesima a circa 1 milione e 200 mila pensionati che oggi non la prendono. 
Limite massimo per avere diritto alla quattordicesima sale dai 750 euro lordi al mese previsti ora fino a 1000 euro. 
Cumulo gratuito dei periodi contributivi maturati in gestioni pensionistiche diverse
I lavoratori che hanno cambiato lavoro e versano contributi a enti differenti potranno ricongiungere questi contributi gratuitamente, mentre oggi chiedere la cumulazione ha un costo. L’assegno pensionistico sarà calcolato “pro-rata con le regole di ciascuna gestione”, non sarà più possibile scegliere il metodo più conveniente.
Lavoratori precoci
Modifiche per i lavoratori precoci, quelli che hanno lavorato e versato contributi per 12 mesi prima di aver compiuto 19 anni. Si prevede di eliminare la penalizzazione sul trattamento pensionistico, oggi prevista in caso di pensionamento anticipato prima di 62 anni d’età (il lavoratore che va in pensione prima dei 62 anni d’età perde attualmente circa l’1 per cento per ogni anno d’anticipo).
Si vuole poi consentire a certi lavoratori precoci di andare prima in pensione, con 41 anni di contributi invece di 42 anni e 10 mesi previsti ora, nel caso in cui i lavoratori precoci rientrino in tre categorie: disoccupati senza più ammortizzatori sociali, persone in condizioni di
salute che causano disabilità e “lavoratori occupati in alcune attività gravose” (ancora da individuare le dette categorie).
Novità anche per le lavoratrici e i lavoratori occupati in mansioni usuranti: un anticipo del pensionamento di 12 o 18 mesi rispetto all’attuale normativa già agevolata (per chi fa lavori usuranti è ora previsto un pensionamento anticipato fino a 5 anni). Si prevede infine che l’accesso alla pensione anticipata avvenga, dal 2017, avendo svolto una o più attività lavorative usuranti per un periodo di tempo almeno pari a sette anni negli ultimi dieci di lavoro, ma senza più il vincolo di impiego in attività usurante nell’anno di raggiungimento del requisito. 
Flessibilità in uscita
L’APE (pensione anticipata, possibilità di andare in pensione prima rispetto alle regole della riforma Fornero con un reddito ponte, cioè un prestito pensionistico-bancario da rimborsare in 20 anni che consente di incassare subito parte della pensione) sarà applicabile ai lavoratori con età anagrafica pari o superiore ai 63 anni (i nati fino al 1954): questi lavoratori otterranno un anticipo della pensione fino a 3 anni e 7 mesi e visto che l’età minima per la pensione di vecchiaia prevista dalla riforma Fornero è 66 anni e 7 mesi, potranno andare in pensione dai 63 anni.
I lavoratori che avranno maturato i requisiti per l’APE potranno scegliere anche la RITA, rendita integrativa temporanea anticipata che permette di affiancare al primo anticipo anche un anticipo dell’altra pensione, quella integrativa. 
Ancora da definire invece il cosiddetto APE social che grazie a un bonus fiscale sarà quasi a costo zero per alcune categorie di lavoratori. La discussione tra governo e sindacati riguarda la soglia dell’assegno mensile lordo del lavoratore sotto la quale l’APE dovrebbe essere a costo zero.

Il tutto parla di “giustizia” per i pensionati, anche se il lavoro è ancora da implementare e va portato avanti in questa linea.

In allegato il testo dell'accordo firmato


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