AMINTORE FANFANI

- cenni biografici





CENNI BIOGRAFICI
Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 – Roma, 20 novembre 1999 è stato un politico e scrittore italiano

Uno dei più celebri politici italiani del Secondo dopoguerra, fu una figura storica del partito della Democrazia Cristiana; si distinse anche come storico dell'economia.
Proveniente da una numerosa ed umile famiglia della provincia Toscana, compì i suoi studi tra Urbino (scuole medie) ed Arezzo (Liceo scientifico). Si laureò in economia e commercio nel 1930 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e qui ottenne nel 1936 la cattedra di Storia delle Dottrine Economiche. Aderì con convinzione al fascismo e il suo nome comparve assieme a quello dei 330 firmatari che, nel 1938, appoggiarono il Manifesto della razza. In seguito, collaborò al La difesa della razza, la rivista ufficiale del razzismo italiano ; ma Fanfani del regime condivise soprattutto le scelte di politica economica e si dimostrò un convinto sostenitore del corporativismo, nel quale riconobbe uno strumento provvidenziale per salvare la società italiana dalla deriva liberale o da quella socialista ed indirizzarla verso la realizzazione di quegli ideali di giustizia sociale suggeriti dalla Dottrina sociale della chiesa.
Durante il periodo milanese, Fanfani fu direttore della Rivista Internazionale di Scienze Sociali e si affermò nel panorama culturale italiano (e non solo) grazie a studi di argomento storico-economico che hanno conservato un duraturo successo, come testimonia la recentissima ripubblicazione (2005) dell'opera Cattolicesimo e Protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, nella quale propose una coraggiosa interpretazione dei fenomeni di genesi del capitalismo, con particolare riferimento al condizionamento dei fattori religiosi e in sostanziale disaccordo con le tesi, allora paradigmatiche, di Max Weber.
Sempre negli anni trascorsi a Milano conobbe Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira e, dalla fine degli anni trenta, prese a partecipare assiduamente alle loro riunioni , dicutendo di cattolicesimo e società. Con l'entrata in guerra dell'Italia , il gruppo spostò la sua attenzione al ruolo che sarebbe dovuto toccare al mondo cattolico all'indomani di quella caduta del Fascismo che era ormai ritenuta imminente.
Con l'8 settembre del 1943, tuttavia, il gruppo si sciolse e, fino alla Liberazione, Fanfani si rifugiò in Svizzera, dove organizzò corsi universitari per i rifugiati italiani. Appena rientrato in Italia, venne invitato a Roma proprio dall'amico Giuseppe Dossetti, appena eletto alla vicesegreteria democristiana, che gli affidò la direzione dell ufficio propaganda del partito. Ebbe in questo modo inizio la sua carriera politica e nel mezzo secolo successivo lo vedremo sempre, anche se a fasi alterne, al centro della scena politica nazionale.
CARRIERA POLITICA
Eletto all'Assemblea Costituente, fece parte della Commissione che ha redatto il testo della nuova Costituzione repubblicana: sua è la formula: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Fu ministro del Lavoro nel quarto (1947-1948) e quinto (1948-1950) governo De Gasperi e dell'Agricoltura nel settimo governo De Gasperi (1951-1953), degli Interni nell' ottavo governo De Gasperi (1953-1953).
Nel 1954 formò il suo primo governo, senza però ottenere la fiducia. Fece invece parte del governo Pella come ministro degli Interni. Sempre nel 1954 venne nominato segretario della Democrazia Cristiana in quanto leader della corrente "Iniziativa Democratica"; come segretario si adoperò per dotare il partito di una fitta rete di sezioni. Nel 1958, a seguito del successo elettorale della DC, poté formare il suo secondo governo, con il sostegno di repubblicani e socialdemocratici, ricoprendo anche la carica di ministro degli Esteri. Il governo rappresentò un primo accenno a un nuovo corso politico, superando il cosiddetto centrismo. Si verificò però una spaccatura nella sua corrente, con la nascita delle correnti contrapposte di "Nuove Cronache" e della corrente 'dorotea', con conseguenze anche nella tenuta del governo, che durò pochi mesi.
Nel 1960 Fanfani forma il suo terzo governo, con il solo appoggio del suo partito. Nel 1962 forma il suo quarto governo, questa volta di coalizione (DC - PSDI - PRI e con l'appoggio esterno del PSI), iniziando così l'esperienza delle maggioranze di centrosinistra, su una base programmatica che prevede in particolare la nazionalizzazione dell'energia elettrica e la istituzione della scuola media unica. A seguito della sconfitta elettorale del 1963 si dimette.
Nel 1965 è ministro degli Esteri nel secondo governo Moro, carica che ricopre anche dal 1966 al 1968 nel terzo governo Moro. Venne eletto presidente dell'Assemblea dell'ONU per il periodo 1965-1966.
Dal 1968 al 1973 fu Presidente del Senato, ed ebbe nel marzo del 1972 la nomina di senatore a vita. Nel 1973, segretario politico della Democrazia Cristiana, guidò il partito nella campagna per il referendum sulla abrogazione del divorzio, su posizioni di forte contrapposizione allo schieramento laico. La sconfitta del referendum sul divorzio ne provocò le dimissioni; a lui succedette Benigno Zaccagnini. Dopo l'insuccesso della DC nelle amministrative del 1975 assunse una posizione critica nei confronti della segreteria Zaccagnini: divenne quindi presidente della DC nel 1976 e dal 1976 al 1982 ritornò alla presidenza del Senato.
Dal 1982 al 1983 fu Presidente del Consiglio per la quinta volta, guidando un governo DC - PSI - PSDI - PLI con l'appoggio del PRI. Destando un certo scalpore, nel febbraio del 1983 Fanfani si recò a Londra per rendere visita all'ex Re d'Italia Umberto II, ricoverato alla London Clinic. Dal 1985 al 1987 fu ancora Presidente del Senato. Da aprile a luglio del 1987 fu per la sesta volta premier per poi essere nominato ministro degli Interni nel governo Goria; dal 1988 al 1989 fu al Bilancio nel governo De Mita.
Dopo la stagione di Tangentopoli e le trasformazioni subite dalla DC, seguì il partito nella formazione del Partito Popolare Italiano. Nella XII legislatura (1994-1996) fu eletto alla prestigiosa carica di presidente della commissione affari esteri del Senato della Repubblica. Le sue ultime uscite politiche sono state l'intervento all'Assemblea che sancì, sotto la guida di Mino Martinazzoli, la nascita del PPI e la dichiarazione di voto per la fiducia al primo governo Prodi. Oltre agli studi e alla politica, la sua grande passione fu la pittura, che esercitò fin da giovane dopo studi accademici.
La sua azione politica è stata importante in quanto egli viene considerato, insieme a Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Aldo Moro ed Ugo la Malfa, uno degli artefici della svolta politica del centro-sinistra, con cui la Democrazia Cristiana volle avvalersi della collaborazione governativa del Partito Socialista Italiano.

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