APPROVATA LA RIFORMA ELETTORALE
Ieri abbiamo approvato in via definitiva la riforma elettorale, che ora è Legge.
La Camera lo ha approvato con 334 voti favorevoli e 61 contrari.
Su cosa penso della Legge e del percorso che ci ha portati sin qui, ho già detto e rimando alle considerazioni che avevo espresso http://www.minotariccoinforma.it/ita/legginews.asp?id=2631
Credo comunque sia ormai evidente a tutti che l’opposizione non era e non è alla riforma nel merito, perché se è vero che sicuramente nessuna legge è perfetta, è anche vero che questa legge è una buona legge, ed è altrettanto evidente che le contestazioni, anche all’interno del PD, sono una opposizione soprattutto a Matteo Renzi e all’idea di Partito Democratico, di sinistra e soprattutto di paese che lui rappresenta.
Tra gli oppositori del PD è in atto un tentativo di ridurre la portata di una riforma importante per dare governabilità e rappresentatività, mettendole nelle mani dei cittadini, e che sana dieci anni di fallimenti e di gestioni se non strumentali almeno insufficienti sullo stesso tema.
Solo per maggiore chiarezza voglio ribadire alcune considerazioni a margine di questa legge :
- attribuisce al voto del cittadino il potere non solo di scegliere il partito e i suoi rappresentanti in Parlamento, ma anche il potere di indirizzo politico al futuro governo, con questa legge situazioni come quella di questi anni non dovrebbero più poter succedere;
- dalle urne dovrebbe uscire una indicazione chiara su chi avrà il mandato di governare conferendogli la forza parlamentare sufficiente a sostenere un esecutivo solido e stabile ( uno dei problemi cronici del sistema politico italiano è stata la instabilità dei suoi governi, 63 governi nei 70 anni dal 1945 al 2015 sono un record che ha poche similitudini a livello europeo) e tale cronica debolezza ha impedito ai cittadini di imprimere alla politica una direzione chiara affidando poi di fatto ai partiti in Parlamento il compito di decidere le alleanze caso per caso.
- il rafforzamento dei poteri del Premier entro la forma di una democrazia parlamentare sono nella storia dell’Ulivo e del Partito Democratico, per rispondere alla domanda di governo senza andare verso il presidenzialismo o verso il semipresidenzialismo alla francese. Per questo, trent’anni fa nella Commissione Bozzi, una serie di politici e intellettuali (Pasquino, Barbera, Scoppola, Andreatta, De Mita, Ruffilli e altri) trovarono una significativa convergenza sulla necessità di rafforzare il potere del premier agendo sulla legge elettorale e correggendo il sistema proporzionale in senso maggioritario in modo da consentire al cittadino – e non alle trattative tra i partiti – di determinare l’indirizzo politico conferendo al governo una solida maggioranza parlamentare;
- questa riforma non mette in discussione e non modifica in nulla i poteri del Presidente della Repubblica, e non è vero che il ballottaggio o il premio di maggioranza toglierebbero al Presidente il potere di scegliere il Presidente del Consiglio come prevede la Costituzione, in quanto come detto sul piano formale non cambia nulla su questo tema e nella sostanza sono venti anni che le competizioni elettorali si svolgono tra parti politiche guidate da leader che incarnano schieramenti alternativi e che chiedono agli elettori il consenso, è stato così con Berlusconi, Prodi, Rutelli, Veltroni, Bersani – sia con il Matterellum, che con il Porcellum - stando dentro uno schema che nessuno nel centrosinistra aveva mai messo in discussione;
- la figura del Presidente della Repubblica non ha subito modificazioni e continua ad essere terza, capace di rappresentare l’unità nazionale e di svolgere nel caso di crisi il ruolo di garante della Costituzione. Nel modello proposto non vi è infatti una dipendenza diretta del governo dal voto popolare: rimane in capo al Presidente della Repubblica il potere di conferire l’incarico e al Parlamento il potere di votare o meno la fiducia, il che in caso di crisi consente, come è successo in passato, di avere governi che si formano in Parlamento senza passare dal voto, là dove la situazione economica o altre circostanze sconsiglino il ricorso alle urne;
- con la riforma i poteri del Parlamento rimangono intatti e qualsiasi sia l’esito delle elezioni, il Parlamento rimane sovrano e decide del futuro del Governo mantenendo in pieno il potere legislativo e rafforzando quello di indirizzo e di controllo, che grazie alla riforma costituzionale con il riconoscimento del ruolo dell'opposizione viene addirittura rafforzato;
- una ultima considerazione relativamente alla scelta degli eletti da parte dei cittadini. Tutti sanno che ho sempre sostenuto che il sistema elettorale ottimale in questo senso sarebbe stato un mattarellum ( collegi uninominali ) senza listino proporzionale, con recupero dei migliori primi esclusi, o in alternativa preferenze in piccoli collegi. Ma anche qui bisogna essere chiari, nessun cittadino in nessun sistema elettorale ha ami potuto votare chi gli pare, si è sempre votato un nominativo proposto da un partito o da un insieme di cittadini. Dunque i partiti, o i gruppi politici, hanno il compito comunque di selezionare una possibile classe dirigente da sottoporre al vaglio degli elettori;
- I partiti hanno comunque una grande responsabilità della selezione della potenziale futura classe dirigente e questo non può essere scaricata sugli elettori: sono i partiti nei fatti a dover fare la proposta e spesso anche in parte non marginale a orientare il voto. Il nodo quindi è la piena attuazione l'articolo 49 della Costituzione, sulla forma e sui requisiti dei partiti e sulla loro democrazia interna;
- i partiti devono recuperare la capacità e la responsabilità di proporre una classe dirigente all’altezza delle responsabilità che la attendono. Il Pd si è inventato le primarie e certo sono state uno strumento importante ma non esente però da possibilità di inquinamento e comunque non sufficiente a garantire una scelta che faccia emergere in modo chiaro, almeno in parte, le competenze. Su questo e su come dare corpo alla riforma dei partiti e per dare attuazione piena all'articolo 49 della Costituzione, dobbiamo ancora lavorare molto.
Ci serve un paese in grado di decidere e di fare.
Le sfide economiche e sociali che il paese è chiamato ad affrontare per ritornare ad offrire una prospettiva di futuro credibile per cittadini, famiglie ed imprese.
Tra l’altro i sommovimenti geopolitici che riguardano il centro ed il nord Africa, il riacutizzarsi delle crisi in molte aree del mondo, il rafforzarsi ed al proliferare di tanti e nuovi radicalismi, anche religiosi, che pongono e porranno ai paesi occidentali sfide inedite e che richiederanno capacità di visione e di coraggio, richiedono stabilità ed autorevolezza per poterle affrontare.
Abbiamo ed avremo bisogno di Istituzioni che abbiano la capacità di confrontarsi, avendone la forza, con la grande finanza, con la dimensione delle multinazionali e con le grandi sfide globali di questa stagione. Servirà una Italia forte in un contesto di una Europa più forte.
E servirà un Partito Democratico capace di guidare questa sfida.
All’interno del Partito Democratico rimane ancora purtroppo una parte di dirigenti e di militanti che rimpiangono l’idea di un partito “più piccolo, ma nostro”, che aborriscono l’idea di un partito aperto che si candida, forte dei propri valori di riferimento e della propria visione della società, ad un confronto aperto, per raccogliere il consenso necessario a governare le grandi sfide di questa stagione.
Per chi fosse interessato ad approfondire in allegato vi è una interessante scheda sulla legge pubblicata oggi da La Stampa, ed una interessante scheda del collega Marco DiMaio e suggerisco anche la lettura di alcune considerazioni da una bella intervista di Franco Cassano, un Deputato sociologo Pugliese sul perché del suo voto favorevole alla riforma
e di Stefano Ceccanti sulla legge elettorale
http://www.huffingtonpost.it/stefano-ceccanti/italicum-risposte-sole_b_7199470.html
Buona lettura
Mino Taricco