BRUNI LUIGINO
LA SFIDA DELLA FELICITÀ, DEI BENI RELAZIONALI E DELLA GRATUITÀ
Per uno sviluppo qualitativo
Luigino Bruni - Università Milano-Bicocca
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“Per crescere un bambino ci vuole l’intero villaggio”
(proverbio africano)
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Non è esagerato dire che la felicità è una delle parole nuove dell’economia, anche teorica, contemporanea.
In realtà, anche se a molti degli economisti contemporanei il tema felicità suona come qualcosa di inedito e magari post-moderno, se però diamo uno sguardo alla storia delle idee ci accorgiamo che la felicità è una parola antica, anche in economia (che lo sia in filosofia è ben noto). Se non vogliamo risalire addirittura ad Aristotele o agli umanisti civili del Quattrocento, dobbiamo comunque constatare che la prima stagione della felicità in economia risale infatti agli albori della scienza economica nel Settecento, in particolare alla tradizione dell’Economia civile di Napoli di Antonio Genovesi e alla Milano di Pietro Verri, che definirono la nascente scienza economica come la “scienza della pubblica felicità”.
In questo testo, dopo aver brevemente ripercorso il dibattito su economia e felicità (per una rassegna più ampia, metodologica e storica, rimando a Bruni 2006), proporrò una teoria della felicità che dà spazio al suo interno alla relazionalità genuina, avanzando una mia spiegazione alternativa del “paradosso della felicità”, che chiama in causa direttamente il concetto di bene relazionale e la categoria della gratuità. In particolare, nella seconda parte, argomenterò che lo sviluppo qualitativo ha bisogno di relazionalità e di gratuità, e, a differenza sia dell’ortodossia neoclassica sia dei suo critici, sosterrò che la relazionalità aperta alla gratuità e la normale interazione di mercato possono coesistere. E’ una tesa controcorrente, ma credo carica di speranza per chi si trova ad operare quotidianamente nei mercati, e non si rassegna a relegare la relazonalità genuina nei sempre più angusti spazi del non-mercato e del non-lavoro.
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