CONCLUSO IL CICLO DI SERATE DI INCONTRI SULLE SFIDE DEL CAMBIAMENTO

In queste settimane  ho rivissuto una esperienza splendida, che ormai da una decina d’anni ho scelto di attuare nel periodo autunno invernale ed in molti casi anche primaverile, che è quella del ciclo itinerante di incontri per incontrare tanti amici, tante persone che accettano di passare una serata diversa, per un momento di confronto vero, per ascoltare, raccogliere osservazioni, critiche, idee e suggerimenti, ma anche per spiegare, rispondere e rendere ragione di scelte e decisioni, sia relativamente alle attività istituzionali che politiche.

E stata come ho già sperimentato negli anni passati una delle esperienze più belle ed arricchenti di questa mia stagione di impegno politico, e di questo ringrazio veramente tutti coloro che in mille modi lo hanno reso possibile.
Ho cercato in queste serate di creare lo spazio per un confronto autentico e schietto sulle sfide che i profondi cambiamenti in atto pongono, e porranno in modo sempre più profondo, non solo al nostro paese ed alla nostra terra, ma a tutto l’occidente continentale e alle sue Istituzioni, dall’Unione Europea in giù. 

Nella mia analisi del contesto globale e nazionale nel quale stiamo vivendo, ho molto insistito sul fatto che questa stagione di grandissimi cambiamenti ci pone dinanzi, ed all’orizzonte,  grandissime sfide di portata veramente straordinaria, che richiederebbero e richiederanno riflessione, approfondimento e progettualità all’altezza delle loro portata, e soprattutto richiedono risposte vere e possibilmente strategiche, perché come abbiamo visto negli ultimi decenni di tattica, e di corto respiro, si può anche rischiare di morire. 

Le grandi sfide ambientali, la curva demografica, i grandi cambiamenti tecnologici, tra delocalizzazione e robotizzazione, e poi la ridistribuzione di ricchezza generata dalla globalizzazione, le nuove disuguaglianze (da leggere il recente studio della Commissione Ue), le sfide identitarie poste dall’arrivo di migranti in società che si pensavano omogenee, solo per citarne alcune. 

I cambiamenti in larga parte non dipendono da noi, il modo in cui gestirli lo possiamo scegliere. 

Sappiamo, lo abbiamo avuto certificato con le elezioni del 4 marzo, che il giudizio dei cittadini italiani sul modo con cui le nostre Istituzioni hanno gestito questi passaggi,  è stato di assoluta insufficienza, e sappiamo anche che non è un problema solo italiano, la crescita dei movimenti sovranisti e populisti in tutta Europa e decisioni come la Brexit o l’elezione di Donald Trump, sono figlie di questo stesso giudizio. 

E evidente che le paure, più o meno razionali, le ansie e il disorientamento delle vittime del cambiamento hanno cambiato la percezione di futuro e con essa l’agenda della politica in tutto il mondo. 

Qualcuno ha scritto che gli elettori si sono ribellati e a volte lo hanno fatto con scelte masochistiche. 
Al di la dell’angolo di visione dal quale si esprimono le valutazioni, il problema non è il presunto masochismo dei cittadini, o almeno non è solo questo, ma è soprattutto la capacità, da parte delle forze politiche che sono convinte responsabilmente della necessità di governare il cambiamento, di elaborare interpretazioni e risposte efficaci, credibili e culturalmente condivise.

Ho pensato utile condividere   un nuovo rapporto: ‘Global Trends to 2035. Economy and Society’ che il Parlamento Europeo ha stilato tramite l’ausilio del suo centro di ricerca interno e think tank, l’EPRS (European Parliamentary Research Service). 

Eccolo nella VERSIONE INTEGRALE  ed in una  INTERESSANTE SINTESI

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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