CON LA GRECIA E CON I GRECI

Credo abbia fatto bene il Governo italiano a lavorare sino all’ultimo per la ricerca di un accordo tra Governo greco e Commissione, anche se a questo punto è tutto rimandato a dopo il referendum del 5 luglio,  ma anche al tempo stesso ha fatto bene a ribadire con chiarezza che il Governo greco stava sbagliando a non cogliere i passi avanti della Commissione e assumersi la responsabilità di una trattativa vera.
Questa è la classica situazione nella quale o si fa un buon accordo e allora si vince e si fa un passo avanti tutti insieme,  o non si fa l’accordo e allora la Grecia rischia grosso e comunque tutti perderemo, chi più chi meno.
E dire che di passi avanti se ne erano fatti molti nella direzione di un possibile accordo, dalle risorse per lo sviluppo, all’avvicinamento sulla data prevista per le pensioni a regime a  67 anni,  che la Commissione chiedeva nel 2022 e la Grecia dopo la richiesta voleva nel 2027, e su tanti altri punti.
La Commissione ha oggettivamente fatto proposte maggiormente orientate alla flessibilità sui parametri e allo sviluppo, con un profilo decisamente diverso dalla precedente Commissione Barroso che aveva gestito le crisi portoghesi, spagnole, greche ed italiane solo qualche anno fa.  
La proposta della Commissione prevedeva infatti accanto alla definizione delle riforme da attuare, anche un pacchetto di investimenti da 35 miliardi per rimettere in moto l’economia greca che è allo stremo.
A fronte di questo cambio di atteggiamento della Commissione UE è mancata la volontà vera di perseguire un accordo realistico, e non è soprattutto scattata quella reciproca fiducia, necessaria per poter gestire una situazione oggettivamente molto complessa sia in Grecia sia di fronte all’opinione pubblica del resto d’Europa.
E’ evidente che il Governo Tsipras ha oggi la difficoltà di aver vinto le elezioni facendo promesse che sapeva di non poter mantenere, con il conseguente problema di credibilità con il suo paese.
Perché se è vero che la situazione in Grecia è oggettivamente pesantissima, è anche vero che vi sono ancora in quel paese condizioni e regole non più economicamente sostenibili, più favorevoli di quelle di moltissimi altri paesi europei chiamati a dare il loro assenso agli aiuti alla Grecia, e tutto questo la trattativa lo ha reso evidente.
L’Europa dovrà ripensare la propria prospettiva e la propria missione mettendo al centro lo sviluppo e le opportunità, ma è evidente che la sostenibilità finanziaria non è una variabile indipendente, ed avere a riferimento, per le spese, la ricchezza prodotta, è innanzi tutto un rispetto per le future generazioni, molti paesi al loro interno lo stanno facendo, e dovrà diventare una regola per tutti.
E’ difficile per i vari governi poter spiegare ai loro cittadini,  in  paesi nei quali le pensioni sono già ora a 67 anni, di sostenere con aiuti  un paese nel quale si va in pensione molto prima, o per paesi che hanno pensioni nettamente inferiori alle loro come importo, o per chi ha accettato programmi di assistenza finanziaria,  come Spagna o  Portogallo, molto più rigorosi, accettare ora per altri paesi,  trattamenti cosi significativamente diversi.
Domenica si terrà il referendum, ed in sé dare la parola ai cittadini è sempre una cosa utile ed importante, ma a condizione che questi siano messi nella condizione do poter veramente decidere in libertà, e queste condizioni in questo caso non esistono. 
Per questo il referendum indetto in Grecia, credo sia stato un errore, sia che avesse le finalità di strumento di pressione sugli altri paesi, sia che fosse pensato come modalità di scarico di responsabilità.
Perché una cosa è certa, in questo caso i cittadini decideranno in una condizione di inaccettabile pressione, e dovranno decidere se rimanere nella comunità monetaria europea e quindi accettare le regole che la comunità si è data, e che per la Grecia vorrà dire riforme rapide e incisive, o  abbandonare questa comunità con una prospettiva di illusoria autonomia, perché senza riforme incisive il paese non riuscirebbe comunque a reggersi in piedi e a costruirsi un futuro.
Per questo, in questo passaggio Tsipras ed i suoi colleghi di governo hanno dimostrato di non avere le capacità di leadership che il loro paese necessitava e che il momento avrebbe richiesto. 
Ho sempre inteso l’impegno istituzionale e di governo come lavoro per  risolvere i problemi, anche quando sono duri e difficili, e questo comporta anche l’assunzione di responsabilità ed il dovere di spiegare la complessità e i limiti all’autonomia decisionale.
Riempirsi la bocca di velleitarie denunce e proteste e limitarsi a segnalare gli errori, senza indicare e guidare strade alternative realmente perseguibili, è una attività molto in voga in questa stagione ed almeno altrettanto improduttiva.
Spero ancora in un accordo che eviti ai cittadini greci l’ennesimo disastro causato da scelte insensate dei loro governi, che loro saranno chiamati a pagare.
Prima la creazione di una enormità di spesa pubblica truccando i bilanci che ha creato condizioni di sviluppo fittizio senza presupposti, poi cure sbagliate che sono costate al resto d’Europa centinaia di miliardi di euro in interventi a condizioni che nessun altro paese ha avuto, ed ora una guida velleitaria che rischia di affossare le prospettive di futuro.
Auguro ai greci, comunque vada il referendum, che consegni loro la possibilità di governi seriamente impegnati a governare, con la consapevolezza che il futuro si costruisce con scelte che guardano in faccia la realtà, e con riforme necessarie non soltanto perché le chiede l’Europa, ma per dare gambe e sostenibilità alle speranze di futuro.
In questo senso siamo tutti concretamente e non strumentalmente con la Grecia e con i greci.

Mino Taricco 
 

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