CORREGGERE LE ASSURDE PENALIZZAZIONI AI DONATORI
Nei giorni scorsi è stato lanciato un allarme da parte delle associazioni dei donatori di sangue in quanto risulterebbe che tra le pieghe della riforma Fornero si celerebbe anche una ricaduta, in termini pensionistici, sui donatori stessi.
Alcuni iscritti all'Avis in procinto di andare in pensione, infatti, si sono sentiti dire che saranno costretti ad aspettare perché dovranno recuperare i giorni in cui, con regolare permesso, sono rimasti a casa per il prelievo.
Se si fa un rapido calcolo, per un iscritto che dona il sangue da quando ha 18 anni e lo fa a pieno regime (cioè quattro volte l'anno), in quarant'anni di vita lavorativa dovrà recuperare 160 giornate di astensione dal lavoro, che si traducono il 7-9 mesi in più di servizio.
L'alternativa è smettere di lavorare nella data prevista, ma con una decurtazione del 2% della pensione. Lo spiegano bene dall’ Avis "Con una aspettativa di vita di 25 anni, considerando un assegno mensile di 1300-1400 euro, si parla di alcune migliaia, se non decine di migliaia, di pensione in meno".
Il rischio, ora, è infatti di una diminuzione dei donatori e una conseguente ricaduta sugli ospedali , il sangue è un farmaco salvavita che non si può comprare da nessuna parte e che può essere soltanto donato. Le sale operatorie rischierebbero di trovarsi in difficoltà per carenza di sacche di sangue necessarie per effettuare gli interventi, ma soprattutto, qualora fosse confermata questa interpretazione, sarebbe una profonda ingiustizia nei confronti chi ha donato gratuitamente per una vita una parte di se.
Per questo abbiamo presentato una interrogazione urgente al ministero per sapere “se corrisponda al vero che a seguito della riforma, l'Istituto nazionale per la previdenza sociale non conteggia più nel calcolo pensionistico le giornate in cui i lavoratori sono stati assenti dal lavoro perché impegnati nella donazione di sangue e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare per non penalizzare coloro che compiono questa scelta di solidarietà”.
Ora aspettiamo una risposta urgente.
Mino Taricco