Crocifisso: i simboli e le persone

Vi sono momenti nei quali viene da chiedersi se vi sia un senso nelle decisioni e negli atti che talune Istituzioni assumono.
La decisione della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo di vietare l’uso dei crocifissi nelle aule è sicuramente ascrivibile a questa categoria.
Tutti sappiamo quanto le decisioni di questa Corte siano sostanzialmente senza efficacia e senza ricaduta pratica alcuna, ma credo che la decisione assunta sia comunque grave in quanto non si cancella un aspetto importante della cultura, delle tradizioni e della memoria di un popolo per decreto, con una decisione, peraltro, discutibile nel merito.
I nostri territori, le nostre comunità, i nostri luoghi di vita sono disseminati di segni e di simboli che accompagnano la nostra consapevolezza di appartenenza comunitaria, ed in qualche misura ne rappresentano elementi di riferimento che affondano le proprie radici nella cultura e nelle vicissitudini delle generazioni che ci hanno preceduto.
Credo sia evidente a tutti quanto nella storia, nella cultura e nelle tradizioni delle nostre comunità gli aspetti civili e religiosi siano fortemente intrecciati.
Quel crocifisso rappresenta al tempo stesso storia cultura e tradizioni per la nostra vita civile e, per chi crede, il segno ed il riferimento di una sequela e di una appartenenza.
Credo fermamente nella laicità dello Stato, nella distinzione di ruoli e di funzioni tra lo Stato, le Istituzioni e le appartenenze religiose e culturali ma credo anche che questa distinzione di ruoli e di campi non possa avere la presunzione di cancellare e di rendere invisibili la nostra fede, le nostre fedi e le nostre convinzioni.
Laicità non vuole dire assenza, anonimato, insignificanza. Laicità vuol dire distinguere gli ambiti e creare condizioni per le quali lo Stato in tutte le sue articolazioni sia, e sia percepito, come rispondente unicamente a quei valori condivisi che trovano sintesi nella Costituzione, e che si articolano in leggi e norme approvate da assemblee legislative democraticamente elette e che operano in un’ottica di scelte orientate al bene comune.
Per questo ho ritenuto e ritengo sbagliata ed invasiva la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo perché invade un campo che non le compete.
Povero, monotono e alienato sarebbe un mondo nel quale i simboli e i segni delle storie e delle culture dei popoli non trovassero più diritto di asilo e di espressione.
Devo però dire che sono rimasto altrettanto sconcertato dall’aver assistito ad una strumentale discesa in campo della Lega Nord, con dichiarazioni e raccolte di firme sulla difesa del crocifisso fatti con modi e con toni che stonano e lasciano perplessi.
Questi richiami strumentali ai valori, abbinati a decisioni quali i respingimenti in mare, alle norme sul reato di clandestinità e a tante altre proposte e norme portate avanti in questi mesi orientate a dividere e a separare e dal sapore razzista e xenofobo, creano uno stridore inaccettabile ed assolutamente assordante.
La denuncia e la contestazione avvenute a Mondovì, da parte della stessa forza politica, verso coloro che si occupano di assistenza alle fasce più deboli ed esposte delle nostre comunità, tra cui gli extracomunitari, credo sia in questo senso emblematica.
Quel crocifisso - che come cittadini sentiamo come segno e legame con la nostra cultura e con la nostra storia - è il simbolo di quel Gesù Cristo che è venuto a morire, ucciso dai potenti, dai benestanti e dai benpensanti perché annunciava un tempo nuovo di accoglienza verso gli ultimi e gli emarginati, una giustizia nuova che chiamava al superamento degli egoismi ed una apertura ad un mondo nuovo da costruire insieme.
Quel Cristo appeso sulla croce usato strumentalmente per colpire chi è altro, con un approccio egoista e chiuso, credo interpelli oggi più che mai le nostre coscienze individuali e collettive.
Se il simbolo della nostra appartenenza di fede diventa strumento di campagne di odio e di divisione, forse qualche riflessione in più, anche all’interno delle nostre comunità ecclesiali, meriterebbe spazio e attenzione.

Mino Taricco

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