ERNESTO OLIVERO

- cenni biografici
- intervista




CENNI BIOGRAFICI
Ultimo di nove fratelli, nasce "per caso" a Pandola, paese del Salernitano dove si era trasferita la sua famiglia per lavoro. Padre originario di Boves (CN), e madre avellinese. Passa una carriera scolastica in salita tra la Campania e Chieri, dove si trasferisce all’età di dodici anni; lavorerà in alcune industrie della zona e poi in una filiale della Banca San Paolo fino alla pensione.
La nascita del Sermig
A ventiquattro anni, il 24 maggio 1964 fonda il Sermig (SERvizio MIssionario Giovani) insieme alla moglie Maria Cerrato, conosciuta organizzando le Giornate Missionarie Mondiali, e ad alcuni amici con i quali si incontra settimanalmente a casa propria. Questo gruppo, che raccoglie giovani, coppie di sposi, monaci e monache, inizia in sordina ad impegnarsi a fianco dei poveri e degli emarginati di Torino, sua città di adozione, seguendo l’insegnamento del Vangelo. Ha come obbiettivo la realizzazione di un grande sogno: Eliminare la fame e le grandi ingiustizie nel mondo, costruire la pace, aiutare i giovani a trovare un ideale di vita, sensibilizzare l'opinione pubblica verso i problemi dei poveri del terzo mondo[2].
Ben presto il numero di persone che si impegna in questo progetto aumenta. La sede del gruppo si trova inizialmente nell’ufficio delle Pontificie Opere Missionarie quindi, a partire dal 1969, nella chiesa di via Arcivescovado.
I primi anni di vita del gruppo si svolsero durante le contestazioni del Sessantotto. Nonostante all'epoca il clima culturale spingesse molti cattolici a coniugare il Vangelo con la dottrina di Marx, i volontari del Sermig si presentarono sempre come "semplici cristiani", senza etichette politiche. In quel periodo il gruppo raccolse fondi e organizzò mostre, mercatini e concerti di beneficenza con i Nomadi, Al Bano e Romina Power, Adriano Celentano e altri. In particolare, il 23 febbraio del 1969, Olivero ed i suoi riuscirono a riempire Palazzetto dello Sport di Torino per un concerto del "Molleggiato"[3], quando all'epoca quest'ultimo non aveva mai avuto più di tremila spettatori[4].
La fondazione dell'Arsenale della pace
Il 2 agosto 1983 Olivero ottenne in gestione, dopo anni di richieste rivolte al Comune, una parte delle strutture del vecchio Arsenale Militare, situato in Borgo Dora, uno dei quartieri malfamati della città. Saranno gli amici del Sermig, con l'aiuto di migliaia di giovani volontari provenienti da tutta Italia[5].
L'attività di Ernesto Olivero
Tantissime persone (carcerati, tossicodipendenti, ecc..) hanno potuto reinserirsi in società grazie ad Ernesto Olivero ed il suo Sermig: tra questi anche alcuni famosi ex brigatisti come Pietro Cavallero, personalmente conosciuti da Olivero negli anni ‘70[6]. Furono incontri come questi che gli fecero venire l’idea di realizzare, per primo in Italia, una cooperativa tra carcerati e liberi[4] in un periodo, quello degli "anni di piombo", assai difficile per la nazione.
Per la sua fama di mediatore e di persona al di sopra delle parti ha potuto inoltre essere, per esempio, uno dei pochi civili fatti entrare in Libano per una missione di pace nel 1988 dopo molti anni, in piena guerra civile, inviato dal Pariarca maronita Nasrallah Pierre Sfeir[7]. Fu anche ufficialmente mandato dall'allora Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli a fare da pacificatore durante la rivolta del carcere di Porto Azzurro, nell’Isola d'Elba, nel 1987[8].
Amico personale di Madre Teresa di Calcutta e di Giovanni Paolo II, ha potuto contare in questi anni sull'aiuto di un numero incalcolabile di persone: gente comune, sacerdoti, imprenditori, politici e Presidenti della Repubblica italiani e stranieri[9], associazioni, istituzioni. Da anni porta avanti la sua causa davanti ai potenti del mondo, anche ad importanti appuntamenti come il G8 di Genova del 2001[10].
Tra tanti giovani che dedicano la propria vita a questa causa, molti optano per il celibato, scegliendo l'Arsenale come propria dimora: questi oggi costituiscono un ordine religioso riconosciuto ufficialmente dall'Arcidiocesi di Torino ed in attesa di riconoscimento da parte della Chiesa Cattolica.
Un suo nuovo progetto è affidato alle parole di una canzone che lui stesso ha scritto, sul tema della mortalità infantile: ogni tre secondi nel mondo un uomo muore di fame. Olivero vorrebbe affidarla a Bono degli U2 e organizzare con lui e altri cantanti un grande concerto di solidarietà con milioni di potenziali spettatori.
Riconoscimenti
Olivero è stato insignito della Medaglia d'Oro al Merito Civile per il suo servizio verso gli ultimi. Re Hussein di Giordania lo ha insignito del titolo di Al Kawkab di prima classe[11]. L'organizzazione israeliana Keren Kayemeth Leisrael, in segno di riconoscenza gli ha dedicato la piantagione di 18 alberi sulle colline di Gerusalemme. La Path to Peace Foundation delle Nazioni Unite lo ha nominato Servitor pacis nel 1997[12].
Ma forse il riconoscimento più significativo è Uomo di pace di Betlemme e Gerusalemme, nel 2002, per aver contribuito a risolvere l'assedio della Basilica della Natività di Betlemme[13].
Papa Wojtyla gli ha affidato l'incarico di essere "amico fedele di tutti i bambini abbandonati nel mondo"[14]. Nel 1999 ha ricevuto dall'Università di Torino la laurea honoris causa in Sociologia.
Madre Teresa, Giovanni Paolo II, ed altre note personalità italiane (come Norberto Bobbio e Giovanni Agnelli) e del Brasile, del Ruanda, del Libano e di Gerusalemme, lo hanno
ripetutamente proposto per la candidatura al Premio Nobel per la Pace[15].
Creatore di una particolare Bandiera della pace, riconosciuta da tutti gli ambasciatori e le confessioni religiose mondiali, in collaborazione con l'agenzia Armando Testa, ha affermato come al giorno d’oggi sia necessario superare il pacifismo, che rischia di diventare fine a se stesso, per diventare "pacificatori", "costruttori di pace".
Olivero scrittore e "teologo"
A partire dal 1976 Olivero ha pubblicato diversi libri, i cui proventi vengono interamente messi a disposizione dei bisognosi che ogni giorno varcano la grande porta dell'Arsenale.



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INTERVISTA

Come incomincia la tua avventura?
Credo che le vere avventure inizino nel cuore di Dio, perché chi le vive non se ne accorge. La mia avventura, in fondo, è nata da un’emozione, da una compassione, volevo dar da mangiare agli affamati.

Poi cosa è avvenuto?
La cosa più incredibile non è stata l’aver raccolto subito dei soldi, né l’aver organizzato il concerto al Palazzo dello Sport con Celentano. Parlo degli anni ‘60-70, ma il fatto che molti ragazzi e ragazze hanno voluto impegnare la vita nell’avventura del Serming.

Per questa impresa hai dovuto abbandonare anche il lavoro?
Ho lavorato in banca. Ho smesso solo quando, su consiglio del cardinale Michele Pellegrino, il Signore mi ha dato un segno che mi ha permesso di licenziarmi.

Di quale segno si tratta?
Un uomo di Dio, amico di padre Pio, comparso improvvisamente nella mia vita, un giorno mi disse: "Lei si deve licenziare". Il giorno dopo mi sono presentato in banca e mi sono licenziato.

Tua moglie e i tuoi figli come hanno accolto la tua decisione?
Con mia moglie ho sempre pensato di avere una famiglia con figli. Ne sono venuti tre. Volevamo una famiglia aperta al mondo e, invece, è stato il mondo a venirci dentro, e noi l’abbiamo accettato. Il nostro impegno, da due ore alla settimana, lentamente, ma decisamente, è cresciuto di 24 ore su 24.

Tua moglie e i tuoi figli, ti seguono ancora?
Sì, mi seguono. I figli, in verità, all’inizio si sono presi la libertà di contestare. Io e mia moglie non abbiamo mai reagito. Era giusto che come genitori rispettassimo le scelte dei nostri figli. Poi, l’esempio di mia moglie Maria e quello mio hanno sortito il giusto effetto, sono stati per loro importanti ed anche essi, lentamente, ma decisamente, hanno chiesto di venire a condividere parte della loro vita con noi.

La solidarietà non è d’inciampo ai doveri coniugali!
No, credo, anzi, che tutti dovremmo lavorare per la solidarietà. Certo noi costituiamo un’ eccezione in quanto fondatori di una cosa molto grande.

Probabilmente nasce dall’esperienza familiare la tua attenzione verso le famiglie disastrate, verso le ragazze madri!
Penso di sì. Abbiamo l’obbligo di insegnare ai giovani dei principi che noi per primi dobbiamo vivere. Noi adottiamo donne che hanno deciso di non abortire; le facciamo entrare nella nostra famiglia, troviamo loro un lavoro, poi facciamo in modo che si realizzino fuori da questa casa, aiutandole con supporti spirituali, psicologici e materiali. Ma il nostro intento è che imparino a camminare da sole.

La tua creatura, il Serming, ha ormai fatto un lungo cammino È arrivata in Brasile! L’attenzione ai "meninos de rua" vuol essere un’ulteriore attenzione alle famiglie disagiate?
Siamo arrivati in Brasile dopo avere creato 1400 progetti di sviluppo regalati a missionari di vari ordini religiosi. La Chiesa brasiliana ci ha chiesto di prendere un "arsenale" anche in Brasile, l’ex casa degli emigranti, dove erano passati milioni di italiani. Quella casa era diventata il posto che accoglieva il popolo della notte. Noi abbiamo accettato la sfida e credo che sia stata una delle più belle cose che la Provvidenza ci abbia fatto immaginare e poi realizzare. Nella stessa casa dove 170 funzionari governativi accoglievano si e no 110- 120 uomini della strada, noi siamo riusciti a creare una cooperativa, in cui lavorano prevalentemente brasiliani, che ospita circa 1200 persone per notte, in un ambiente bello ed accogliente, proprio come a Torino. Abbiamo, inoltre, progetti per i bambini. Vogliamo realizzare una casa anche per loro. Sono già un centinaio quelli che abbiamo.

Da che cosa differiscono i "meninos de rua" dai ragazzi di strada di Torino?
Sono molto diversi. In Brasile i ragazzi sono completamente abbandonati al loro destino. In Italia, invece, se lo Stato fosse più materno e più severo, i bambini di strada non ci sarebbero neppure. Sono molto diversi. In Brasile i ragazzi sono completamente abbandonati al loro destino. In Italia, invece, se lo Stato fosse più materno e più severo, i bambini di strada non ci sarebbero neppure.

Come è nato l’arsenale della pace?
È nato nel pensieri di Dio. Noi abbiamo cominciato a prenderlo in considerazione quando abbiamo incontrato Giorgio La Pira che, parlandoci di Isaia, ci invitava a tramutare le anni in strumenti di lavoro e di pace. Raccogliemmo subito l’invito. C’e stato, poi, un altro fatto importante. Nel 1974 fui accolto da Paolo VI, il quale, dopo avermi ascoltato, mi disse che le mie lamentele erano anche le sue e che anche lui desiderava una Chiesa come la sognavano i giovani. Alla fine dell’incontro Paolo VI mi disse: "Spero che da Torino, dal Piemonte, terra di santi, venga una rivoluzione d’amore". La maggior parte delle cose belle che sono sorte a Torino, si sono realizzate nel quartiere del Valdocco, dove secoli passati sono morti martiri tre cristiani: il sangue porta sempre frutti abbondanti. A Torino è nato don Bosco, qui ha visto la luce il Cottolengo, il Cafasso, qui sono nate tante cose belle. E proprio a Torino abbiamo scoperto che esisteva un arsenale militare ed, allora, abbiamo deciso di avvolgerlo di preghiere. Per anni interi ci siamo recati davanti a quell’arsenale a pregare il Signore in questi termini: "Signore, vogliamo questo arsenale, te lo chiediamo a nome della Madonna!". E il 2 agosto del 1983 ce lo hanno dato. Era un vero e proprio rudere! Ci sarebbero voluti 100, 200 miliardi per rimetterlo a posto, e noi, senza una lira in tasca abbiamo cominciato a lavorare e siamo riusciti nel nostro intento, grazie all’aiuto ricevuto da milioni di persone. Questa è una delle tante meraviglie della Provvidenza.

Le istituzioni in che misura ti hanno aiutato?
Quasi niente! In 37 anni abbiamo ricevuto da tutte le istituzioni messe insieme si e no 10 miliardi, in pratica neanche il due per cento del bilancio totale. Noi abbiamo fatto una scelta cristiana, una scelta che ci ha portati ad accogliere chiunque, credenti, non credenti, o appartenenti ad altre religioni. Abbiamo, inoltre, fatto la scelta di non essere abbinati a nessun partito politico Le istituzioni non sono state capaci a cogliere questa profezia, la gente comune sì. Questa mattina mi sono svegliato alle quattro, questa notte andrò a dormire alle due. E una giornata che viene scandita dalla preghiera, dal campanello, che suona notte e giorno, tutta gente che da mezzo mondo chiede aiuto.

Trovi il tempo anche per pregare?
Se non pregassi tre o quattro ore al giorno non riuscirei a fare nulla.

Per dormire forse anche un po’ meno! Vero?
Sì, certo! Ho un arretrato cronico con il sonno!

Ti viene mai voglia di arrenderti , di perdere la speranza?
Molto sovente, ma faccio finta di niente, continuo ad andare avanti. Permetto a me stesso di mugugnare, come direbbero i genovesi ma poi vado avanti lo stesso.

Puoi raccontare un’esperienza di solidarietà?
Qualche tempo fa una ragazza che nessuno voleva accogliere, anoressica, drogata, alta un metro e settantacinque centimetri e che pesava solo trentadue chili, è stata da noi accolta ed accudita. Dopo due anni è morta, ma è morta da donna, con un peso normale. Per entrare, in sintonia con lei abbiamo dovuto metterle accanto 19 volontarie 19 professioniste. L’amore e l’organizzazione le hanno permesso di rientrare in una dimensione umana. E morta circondata dall’amore, ma anche lei per noi è stata un segno d’amore.

Ti capita mai di essere frainteso nei fare la carità?
Spesso. L’ultima volta è stata quando suor Dalmazia Colombo ha lanciato un appello per salvare i bambini del Mozambico. Noi abbiamo aderito e subito si è scatenata una grossa polemica. C’era chi sosteneva che era assurdo mandare viveri e medicinali, che sarebbe stato meglio mandare del denaro per permettere alle gente di comprare ciò di cui aveva bisogno. Una polemica folle, perché in quel Paese reso ancor più povero dalle alluvioni, non c’era niente da comprare. La vita è costellata di incomprensioni. Noi non diamo corpo ad esse. Un po’ di sofferenza la procurano, ma alla fine la carità vince. In pochi giorni la gente ci portò 7 miliardi per il Mozambico.

Chi è oggi Ernesto Olivero?
Quando ho cominciato questa avventura avevo 7 anni, l’ ho cominciata in un paesino vicino a Salerno, Mercato San Severino. Già a 7 anni mi sembrava giusto occuparmi dei problemi degli altri! Ora ho qualche anno in più, ma mi sembra ancora giusto continuare ad occuparmi dei problemi degli altri e credo di avere la stessa ingenuità e testardaggine di allora.

È vero che ha in mente di organizzare un concilio a cui dovrebbero partecipare i grandi della terra per discutere sui problemi dei giovani?
Abbiamo fatto un’inchiesta su 300 mila giovani, ed abbiamo scoperto che oggi i più poveri in assoluto sono i giovani. Questo perché i grandi hanno sbagliato, hanno dato ai giovani solo tanto consumismo e tanto qualunquismo; non in assoluto certamente, perché non tutti gli adulti hanno agito così e non tutti i giovani sono così, ma i dati scientifici, purtroppo, parlano a sfavore dei giovani. La nostra speranza è che i grandi prendendo coscienza di ciò si riconciliano con i giovani e, a loro volta, i giovani si riconcilino con i grandi per una nuova rinascita. Spero che questo progetto possa toccare il cuore di molti.

Per tutte queste attività sei stato proposto più volte a Nobel per la Pace. Ma il premio non è ancora arrivato! Ti dispiace?
Sono stato sorpreso ed onorato che persone come Madre Teresa di Calcutta e Norberto Bobbio organismi come la Conferenza Episcopale Brasiliana ed il Patriarcato di Gerusalemme, abbiano avuto questo pensiero, ciò mi ha riempito di gioia. Per me tutto ciò che avviene, avviene grazie ai giovani, se il premio Nobel dovesse arrivare è per loro, non per me.

Torino è anche la città della Sindone, ti dice qualcosa questo lenzuolo?
Io ho conosciuto Gesù faccia a faccia nei poveri. Questo velo in sé non mi dice nulla, anche se personalmente sono convinto che la Sindone sia il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù. Ritengo, tuttavia, che questo lenzuolo sia un grande dono della Provvidenza.

Ti è mai capitato di vedere un miracolo?
Ho conosciuto una donna che aveva vissuto 96 anni. Per 64 aveva badato giorno e notte a suo figlio, handicappato grave. Il dottore che per la prima volta lo aveva visitato aveva detto alla mamma che, data la gravità del caso, era meglio metterlo in istituto. Ma la donna gli aveva risposto: "In istituto ci vada lei, io mio figlio lo assisterò giorno e notte, per tutta la vita, e sarò felicissima di farlo". Chiese però alla Madonna un regalo, non quello che il figlio camminasse o diventasse normale, ma che un giorno la potesse chiamare "mamma". Dopo anni di preghiere un giorno, davanti alla grotta di Lourdes, il figlio si girò e disse "mamma". La gioia fu tanta che ripagò tutte le sofferenze di questa donna.

Tra i tanti mali presenti oggi nel mondo qual’ è il peggiore?
L’indifferenza. Oggi manca la commozione per le miserie altrui.

Le famiglie cristiane ti sembrano all’altezza dei tempi?
La Chiesa dovrebbe attuare una rivoluzione: preparare i ragazzi al matrimonio fin da bambini. Pensi un attimo a quelli che si sposano, basta che abbiano i documenti a posto e si e no tre sere di preparazione! Mi sembra poco! Si fa più fatica a prendere la patente che a sposarsi!

Anche le vocazioni avrebbero bisogno di più formazione?
La vocazione al sacerdozio è come quella della famiglia. Moltissime vocazioni si perdono. Anche questo è dovuto alla mancanza di preparazione. Ho avuto modo di constatare che quando le vocazioni vengono vagliate e aiutate, diventano roccia per sempre . La vocazione al sacerdozio è come quella della famiglia. Moltissime vocazioni si perdono. Anche questo è dovuto alla mancanza di preparazione. Ho avuto modo di constatare che quando le vocazioni vengono vagliate e aiutate, diventano roccia per sempre .

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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