FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI

Persone e famiglie al centro di una società più giusta, libera e solidale
Proposta approvata dall'Assemblea nazionale Roma 2011
La crisi economica ha avuto un impatto negativo amplificato sulla società italiana, in termini di erosione degli standard di vita e di accentuazione dell’incertezza circa le prospettive individuali e familiari. Il fatto è che il nostro paese sconta gli effetti di un prolungato periodo di bassa crescita e i pesanti ritardi accumulatisi nel decennio trascorso – salvo la temporanea inversione di tendenza avviata dal governo Prodi nel 2006-2007 - nello sviluppo di politiche sociali adeguate a conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona. La situazione è ora aggravata dai drastici tagli ai servizi e al Fondo per le politiche sociali disposti dal governo di destra. Si sta così compromettendo il futuro del paese: il sistema di welfare è uno strumento decisivo per affrontare le nuove sfide economiche e sociali che l’Italia ha di fronte, attraverso una rete di servizi e di prestazioni che generalizzino la titolarità dei diritti, offrano opportunità assicurative che il mercato da solo non è in grado di fornire, diano a tutti la possibilità di partecipare alla vita lavorativa e alle relazioni sociali, promuovano la formazione e l’accrescimento del capitale umano - fattore chiave per la crescita delle economie avanzate - al fine di collocare il paese nei segmenti qualificati della divisione internazionale del lavoro.

Per questo il PD propone una svolta radicale nell’indirizzo di politica economica e sociale. Ci ispira una visione del welfare come fattore fondamentale di sviluppo civile e di crescita economica. Ma, per rispondere alle nuove sfide che ci stanno di fronte, dobbiamo fortemente innovare l’impianto e la strumentazione delle politiche sociali. Il documento che qui presentiamo fornisce il quadro di riferimento e le principali proposte operative di intervento che qualificano questo cambio di prospettiva. Sappiamo bene che la loro attuazione dovrà misurarsi col problema della limitatezza delle risorse e con i vincoli di finanza pubblica con cui il nostro paese deve fare i conti: essi impongono un’azione metodica e difficile di efficientamento e ricomposizione della spesa e di riequilibrio del carico fiscale. Vogliamo però indicare la direzione di marcia di un processo di riforma che dovrà trovare in quell’azione di risanamento e di riequilibrio la fonte stessa di finanziamento dei passi successivi con cui esso andrà via via attuato.


NUOVI PROBLEMI E NUOVE SFIDE SOCIALI

Il contesto economico e demografico.
Almeno quattro trend strutturali di lungo periodo, da tempo all’opera, hanno fatto emergere già prima della crisi nuovi problemi sociali in Europa e in Italia: • la rivoluzione delle information and communication technologies (ICT) e i connessi rapidi cambiamenti tecnologici;
• l’emergere di nuovi competitori globali (Cina, India, Brasile e altri paesi in via di sviluppo);
• il processo di invecchiamento della popolazione europea;
• i processi migratori.

I nuovi fattori di sofferenza sociale:
• la tensione tra flessibilità del lavoro richiesta dalle imprese e domanda di prospettive stabili di reddito e occupazione che proviene dalle persone;
• la precarietà del lavoro per i giovani e l’obsolescenza delle qualifiche per i lavoratori anziani;
• la polarizzazione nella distribuzione del reddito e il fenomeno dei lavoratori poveri;
• il peso crescente che ricade sulla famiglia come ammortizzatore delle cadute di reddito dei suoi componenti e più in generale le tensioni cui sono ormai sottoposte le famiglie e che sta determinando un allentamento dei legami familiari;
• le difficoltà per i giovani nel formare nuove famiglie;
• l’incidenza sul reddito familiare dei costi per la casa;
• le problematiche della non autosufficienza che, con l’invecchiamento, investono una quota crescente della popolazione determinando un maggiore carico di cura;
• i nuovi rischi di povertà che da tutto ciò derivano;
• lo stress finanziario sui sistemi pensionistici e sanitari derivante dai processi di invecchiamento.


AFFRONTARE LE NUOVE SFIDE

Il passaggio storico con cui i paesi avanzati si misurano oggi è quello di una riforma del sistema di welfare che ne potenzi la capacità di assicurare a tutti le più ampie condizioni al fine del perseguimento dei propri piani di vita. L’approccio dello “sviluppo umano” è alla base di questa complessiva scommessa. Esso dà valore alla libertà sia come attributo individuale che come impegno sociale, all’eguaglianza come eguaglianza delle “capacità” fondamentali, alla solidarietà non come carità ma come responsabilità di tutti gli uomini e le donne gli uni per gli altri e verso la società: un nuovo umanesimo che concepisce le libertà come “capacità concrete”, che hanno bisogno quindi di un welfare che promuova l’uguaglianza delle opportunità tra i cittadini e la loro capacità di autodeterminazione.

Al centro del nuovo welfare vi è la persona come soggetto di diritti e di doveri, ossia come cittadino inserito in una rete di relazioni sociali e di responsabilità individuali e collettive. Ed è per questo che il nuovo welfare, partendo dal ruolo fondamentale che spetta alle politiche pubbliche nel definire i livelli essenziali delle prestazioni, nel governare l’allocazione delle risorse, disegnare le regole e garantire omogenei livelli di intervento in modo da includere nel sistema tutti i cittadini, deve valorizzare le energie presenti nella società civile, dalle relazioni di comunità alle capacità di iniziativa dei soggetti del terzo settore, dal volontariato all’impresa sociale, dal ruolo fondamentale della famiglia come luogo di relazioni affettive, formative, solidali, al più ampio contesto di relazioni sociali in cui le persone interagiscono. È indispensabile che nel sistema del welfare oltre alla presenza del pubblico e del privato si avvii una presenza del civile, perché un welfare civile è il fondamento di una sussidiarietà realmente praticata. E sta ancora alle politiche pubbliche sostenere e regolare lo sviluppo di mercati dei servizi di qualità sociale che includano tutti i cittadini e sfruttino nel loro interesse l’apporto di capacità imprenditoriali diffuse, a cominciare da quelle del terzo settore.

Collocare il cittadino al centro del sistema di welfare significa:
• realizzare un più avanzato equilibrio tra universalismo e assicurazioni sociali basate sulla condizione lavorativa;
• promuovere l’uguaglianza delle opportunità per tutte le persone;
• realizzare politiche volte a sostenere la capacità di autodeterminazione dei cittadini;
• rafforzare il potere di scelta del cittadino per migliorare l’aderenza dei servizi ai bisogni.

E’ questa impostazione che consente di affrontare le nuove sfide che la trasformazione economica e sociale del nostro, come degli altri paesi avanzati, propone: da una società centrata sul ruolo del lavoratore maschio adulto “capofamiglia”, a una società con ruoli lavorativi, familiari, relazionali ben più articolati ma esposta alle incertezze e ai fattori di sofferenza che abbiamo detto.

Nel nostro Paese, ad esempio, trovare un’abitazione dignitosa a prezzi accessibili è per molti cittadini una sfida quasi impossibile. Gli alloggi in affitto sono troppo pochi (sia quelli a prezzi agevolati che quelli a canone libero) e troppo costosi.

La casa è, invece, un diritto essenziale della persona, è il luogo nel quale si concentrano le relazioni familiari, è un elemento fondamentale di tranquillità e sicurezza.

Per consentire ai giovani di emanciparsi nei loro percorsi di studio, professionali e sentimentali; per favorire la mobilità sociale e ridurre i rischi di esclusione sociale può essere utile l’introduzione di provvedimenti come la cedolare secca, a condizione che sappiano coniugare, i vantaggi per i proprietari e per gli inquilini, favoriscano l’emersione delle locazioni “in nero” e incentivino il canone concordato. Occorre inoltre rilanciare un nuovo modello di edilizia residenziale pubblica ed efficientare il patrimonio esistente; reintegrare i fondi per il sostegno dei disagi più gravi, promuovere concretamente l’housing sociale e incentivare le iniziative degli enti locali volte a sostenere i cittadini colpiti da morosità incolpevole.

Il welfare deve così trasformarsi da un welfare centrato sulla condizione lavorativa a un welfare centrato sulla persona, sulle sue relazioni sociali e familiari, oltre che lavorative. Il welfare universale, inclusivo, promozionale che abbiamo in mente passa per un patto intergenerazionale, in cui tutte le componenti della società possano riconoscersi: un welfare che accompagni le persone in tutte le fasi della vita e risponda ai diversi bisogni che sorgono nei vari momenti delle vicende personali e familiari, così da rinsaldare i legami fra le generazioni.

È in questa concezione del welfare che trova riconoscimento anche il diritto allo sport di tutti i cittadini. Lo sport per tutti è un bene che interessa la salute, la qualità della vita, l'educazione e la socialità, è un fattore di prevenzione, di coesione ed integrazione sociale, in grado di accogliere ciascuno con i propri diritti, le proprie motivazioni, le proprie differenze da riconoscere e da valorizzare: le diverse età, le abilità, le disabilità, le differenze sessuali, le diverse motivazioni alla pratica sportiva.

Vogliamo realizzare un welfare che parli ai giovani, alle donne, alle famiglie, agli anziani. E parli anche agli immigrati perché un welfare universale e delle pari opportunità si occupa di tutte le persone che vivono nel nostro territorio, promuovendone nei tempi e nei modi necessari l’accesso alla cittadinanza (sulla questione del governo dei processi migratori e dell’integrazione rinviamo al documento approvato nell’assemblea di Varese dell’ottobre scorso).


PUNTARE SUI GIOVANI

Il PD propone un insieme di misure volte a promuovere l’autonomia dei giovani, superare il ritardo e la precarietà che caratterizzano il loro ingresso nel mondo del lavoro, riaprire la speranza nel futuro. In particolare:
• riduzione della prima aliquota Irpef, miglioramento delle detrazioni da lavoro, imposta negativa (ossia sostegno al reddito) per i redditi più bassi, tutte misure che interessano in primo luogo proprio i giovani che cominciano a lavorare;
• un piano straordinario per l’occupazione giovanile, che offra ai giovani che sono da un anno in condizione di inattività, una “dote” per dare loro nuove possibilità di assunzione agevolata in imprese private anche cooperative o per l’avvio di attività professionale, imprenditoriale o di lavoro autonomo; lo sviluppo della rete integrata dei servizi (vedi sotto) svolgerà un ruolo importante nell’attivare occasioni di occupazione per i giovani;
• costituzione di un fondo per la “dotazione di capitale” per i giovani, con l’apertura
– al momento della nascita
– di un conto presso l’INPS alimentato da contributi annui dello stato, di familiari e di privati; la “dotazione di capitale” è un istituto di natura universalistica, graduato però sulle disponibilità familiari e ne è titolare ogni bambino che nasce sul territorio nazionale; le risorse accumulate nel conto entrano nella disponibilità del giovane una volta raggiunta la maggiore età (o altra età convenzionale) e può essere ulteriormente integrato da un prestito di autonomia finalizzato ad obiettivi specifici;
• copertura con contributi figurativi dei periodi di interruzione involontaria del lavoro e ricongiunzione senza oneri dei contributi versati a diverse gestioni (totalizzazione) in modo da sostenere la costruzione da oggi di carriere contributive che garantiscano ai giovani una pensione adeguata da anziani; forme di integrazione dei trattamenti pensionistici futuri finanziate dalla fiscalità generale ma coerenti con la logica del sistema contributivo;
• garanzia per i giovani con disabilità di una piena integrazione sociale, educativa e lavorativa con i loro coetanei a partire dalle misure che rendano effettivo il diritto allo studio fino ad un inserimento lavorativo così come previsto dalla normativa vigente;
• garanzia di un livello minimo decoroso della pensione anche per quanti non fossero in grado di costruirsi una pensione dignitosa, assicurando che comunque i contributi versati contribuiscano a migliorare il trattamento pensionistico.
• Riforma e rilancio del Servizio Civile, in base agli art. 2 e 52 della Costituzione, come rilettura e attualizzazione del dovere di difesa della Patria non armata e non violenta, che abbia per obiettivo la costruzione di una cittadinanza responsabile, solidale e partecipe, che sia occasione di integrazione anche dei giovani stranieri. A tal fine è necessario riqualificare il rapporto e la collaborazione tra Stato, Regioni ed Autonomie locali e definire un contingente stabile di almeno 40.000 giovani/anno sulla base di risorse certe nazionali (integrabili con risorse regionali o del no profit) definite sulla base di una programmazione pluriennale che garantisca una equa ripartizione in contingenti regionali dei posti disponibili.


SOSTENERE LE FAMIGLIE

Le carenze del sistema di welfare italiano implicano che sulla famiglia si scarichi una pesante funzione di supplenza che, con il ristagno dei redditi e il diffondersi di situazioni di precarietà del lavoro e sotto i colpi della crisi economica, rischia di mettere in crisi la tenuta stessa delle relazioni familiari e ha costi pesanti soprattutto per le donne. E’ una situazione che richiede interventi che vanno in direzione opposta a quanto indicato dal governo di destra che, nascondendosi dietro l’affermazione paradossale che alla famiglia vadano addossate “maggiori responsabilità” nell’organizzazione del lavoro di cura, taglia le risorse a disposizione dei servizi alle famiglie. All’opposto, le famiglie vanno sostenute costruendo un contesto di servizi e di prestazioni che ne faciliti la formazione, ne migliori la qualità della vita quotidiana, le aiuti a fronteggiare le situazioni di fragilità, allevi il carico per le donne, riequilibri i ruoli di genere.

Il PD propone un complesso di misure volte a costruire una rete di servizi per le famiglie, di sostegno dei redditi familiari, di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita: • la riforma dell’Irpef delineata nel documento del PD approvato nell’assemblea di Varese di ottobre scorso, con riduzione della prima aliquota dal 23 al 20%, revisione degli scaglioni a favore dei redditi bassi e medi, miglioramento delle detrazioni da lavoro, imposta negativa (ossia sostegno al reddito) per i redditi più bassi, riduce il carico fiscale su tutti i redditi da lavoro, con effetti significativi sulle famiglie;
• con riferimento specifico al sostegno dei redditi familiari, la riforma dell’Irpef prevede la riunificazione di detrazioni per figli a carico e assegni familiari in un nuovo assegno – la “dote fiscale per i figli” – consistente e universale per tutte le famiglie (comprese quelle di lavoro autonomo); il nuovo assegno viene modulato in funzione del numero dei figli, assicurando un sostegno al reddito proporzionale alla composizione del nucleo familiare (secondo una scala di equivalenza del tipo del “fattore famiglia” proposto dal Forum delle associazioni familiari, che di recente ha abbandonato la vecchia proposta del quoziente familiare perché darebbe vantaggi solo ai redditi alti, penalizzerebbe i redditi medi e bassi e scoraggerebbe il lavoro femminile);
• sviluppo della rete dei servizi alle famiglie, a cominciare prioritariamente dai servizi per l’infanzia e dagli asili nido: in linea con gli obiettivi europei e continuando le misure già messe in atto dal Governo Prodi, va rinforzato il Fondo Nazionale asili nido; deve essere garantito il finanziamento delle funzioni fondamentali delle autonomie locali in materia di valutazione dei bisogni sociali, di programmazione e valutazione degli interventi; va potenziata, in linea con le nostre esperienze regionali e locali più avanzate, la capacità di acquisto di servizi delle famiglie attraverso un sistema di “buoni servizio”, di valore differenziato in funzione delle condizioni economiche, che le famiglie possano spendere per acquistare servizi nell’ambito di una rete organizzata e regolata dai comuni, quindi per servizi offerti da erogatori (pubblici, privati, non profit, cooperative) da questi accreditati e regolati nella qualità e nel prezzo;
• estensione e potenziamento del congedo parentale e istituzione del congedo di paternità obbligatorio (entro i tre anni di vita del bambino e con indennità al 100% della retribuzione); valorizzazione dei periodi di maternità e di cura ai fini pensionistici, anche per bilanciare l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne; incentivazione e sostegno della flessibilità oraria e del part time (reversibile e volontario); tutela della maternità anche per le lavoratrici autonome; conciliazione dei tempi nell’accesso ai servizi (a cura delle regioni e degli enti locali);
• una legge quadro dell’infanzia e dell’adolescenza che contenga i livelli essenziali delle prestazioni, definisca i diritti di cittadinanza per i nati sul territorio della Repubblica, stabilisca norme a tutela dell’identità dei minori, dia seguito al diritto di partecipazione civica e sociale delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze, assicuri il rispetto della cultura delle differenze di genere e dell’equità sociale per le pari opportunità, contrasti la dispersione scolastica, e combatta la povertà minorile, assicurando piena attuazione ai principi della Costituzione e della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 che tutelano e proteggono i minori in quanto soggetti di diritti civili, sociali e culturali;
una rete di servizi di sostegno alle persone disabili, rendendo effettive ed esigibili le prestazioni ed i servizi previsti dalla normativa vigente, per rispondere ai bisogni con un approccio integrato sociosanitario attraverso interventi domiciliari, centri diurni e residenziali, servizi di trasporto e attività di integrazione e socializzazione e di inclusione sociale e lavorativa in grado di assicurare ai disabili una vita indipendente e rassereni le famiglie sul loro futuro attraverso il cosiddetto “dopo di noi”; tale obiettivo, più di altri, richiede una nuova e più chiara definizione dell’articolazione delle funzioni e competenze tra i diversi livelli istituzionali.


ANZIANI E SOCIETÀ: NUOVE ESIGENZE E NUOVI SERVIZI

L’allungamento della vita media delle persone è un grande risultato conseguito dai paesi avanzati grazie al miglioramento degli standard di vita dovuto allo sviluppo economico e civile, e quindi all’affermazione stessa dei sistemi di welfare, e grazie ai progressi della medicina e della copertura sanitaria della popolazione. Questo rilevante avanzamento nelle prospettive di vita delle persone pone però il problema di attrezzare le nostre società affinché la vita in età anziana sia una vita ancora ricca di possibilità e di relazioni umane.

Due le questioni più rilevanti, anche se non le uniche, che vanno affrontate a questo riguardo: promuovere l’invecchiamento attivo delle persone e garantire una vita dignitosa e in un contesto relazionale adeguato per coloro che cadono in condizioni di non autosufficienza. A questo riguardo il PD propone:
• l’adattamento e il miglioramento delle condizioni di lavoro per valorizzare le competenze dei lavoratori anziani; la promozione di orari flessibili e di part time misto a pensione, per accompagnare l’allungamento della vita lavorativa con una transizione graduale dal lavoro alla pensione; lo sviluppo della rete dei servizi (vedi sotto) anche come occasione per occupazioni per i lavoratori anziani più consone alle loro esigenze;
• la ricostituzione del Fondo per la non autosufficienza, azzerato dal governo di destra, e il suo potenziamento con l’obiettivo di sostenere le politiche regionali e locali di sviluppo della rete integrata di servizi socio-sanitari per i non autosufficienti; sulla base di livelli essenziali, obiettivi di servizio e criteri fissati a livello nazionale, il Fondo, istituito presso l’INPS, finanzia le funzioni fondamentali dei comuni in materia di valutazione dei bisogni e definizione dei percorsi personalizzati di assistenza e accanto alla indennità di accompagnamento finanzia nuovi servizi proporzionati alla gravità del bisogno assistenziale e differenziati in relazione alle condizioni economiche; su questa base pubblica universalistica, possono giocare un utile ruolo integrativo anche fondi mutualistici attivati dall’associazionismo cooperativo e dalla contrattazione.


CON LO SGUARDO DELLE DONNE

Gli interventi indicati fin qui hanno un impatto generale sulla possibilità per tutti i cittadini di perseguire attivamente i propri piani di vita, ma è chiaro che proprio per questo hanno un rilievo particolare per le donne alle quali vogliono offrire concrete possibilità di lavoro a supporto di scelte di vita libere e consapevoli. La riforma dell’Irpef e il sostegno ai redditi bassi favorisce in primo luogo, oltre ai giovani, le lavoratrici; la copertura con contributi figurativi dei periodi di interruzione involontaria del lavoro si presta a una estensione che tenga conto dei periodi di maternità e di cura; l’assegno universale per i figli e la rete di servizi per l’infanzia sostengono le possibilità di ricerca di lavoro delle donne; l’estensione del congedo parentale e il congedo di paternità obbligatorio favoriscono l’occupazione delle donne, facilitano la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro e contribuiscono a riequilibrare i ruoli all’interno della famiglia; l’assistenza ai non autosufficienti sostiene la famiglia in compiti di cura gravosi che oggi ricadono soprattutto sulle donne. Ma il PD propone anche ulteriori misure che rafforzano un welfare al femminile:
• trasformazione dell'indennità di maternità in diritto di cittadinanza e relativo finanziamento a carico della fiscalità generale;
• detrazione Irpef aggiuntiva per ogni figlio a favore delle donne che lavorano;
• credito di imposta per l’occupazione femminile nelle aree del mezzogiorno;
• riqualificazione e rifinanziamento del Fondo nazionale per l’imprenditoria femminile e potenziamento della formazione professionale delle lavoratrici autonome;
• misure per l’eguaglianza di genere nel mercato del lavoro.


LA RETE INTEGRATA DEI SERVIZI PER UN WELFARE DI TUTTI

I servizi per l’infanzia e per la non autosufficienza sono due componenti rilevanti di quella più complessiva rete integrata di servizi alle persone e alle famiglie di cui il paese ha bisogno per attivare relazioni umane e sociali che valorizzino le capacità di ogni cittadino.

Una politica volta a sostenerne lo sviluppo è al tempo stesso una politica di crescita economica e occupazionale, di innalzamento della qualità della vita per tutti i cittadini, di lotta alle disuguaglianze sociali, una politica che fa del welfare un motore di sviluppo economico oltre che civile. La rete integrata dei servizi sociali, in un contesto sempre più necessario di integrazione socio-sanitaria, così come previsto dalla legge quadro 328 del 2000, costituisce una condizione fondamentale per realizzare il welfare locale e comunitario che costruisce un contesto di vita sociale e civile più avanzato e, insieme al lavoro, consente l’inserimento attivo, combatte l’assistenzialismo e le disuguaglianze, è di sostegno ai compiti di cura svolti dalle persone e dalle famiglie, prende in carico le fragilità, sostiene il reinserimento sociale dei cittadini disabili con percorsi personalizzati.

La rete integrata dei servizi sociali è ancora fortemente inadeguata alle esigenze del nostro paese ed è diffusa in modo diseguale. Essa subirà un forte arretramento dopo la cancellazione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali operato dal governo con le ultime leggi di stabilità, in una logica di welfare residuale.

L’obiettivo del PD è all’opposto quello di costruire un welfare per tutti i cittadini, che sia quindi al tempo stesso capace di elevare la qualità della vita delle classi medie (operai, impiegati, autonomi, professionisti) e di includere e sostenere quanti vivono condizioni di emarginazione e di fragilità. La rete integrata dei servizi è strumento essenziale per costruire questo tipo di welfare.

L’attuazione della legge sul federalismo fiscale deve essere l’occasione per definire una articolazione dei compiti tra stato, regioni ed enti locali che sostenga lo sviluppo dei servizi e il loro riequilibrio sul territorio, responsabilizzando sul piano amministrativo e fiscale tutte le realtà locali nel miglioramento della qualità e nella diffusione dei servizi, nonché rafforzando la funzione di programmazione, monitoraggio e perequazione dello stato centrale.

Il principio di sussidiarietà, essenziale per una gestione dei servizi aderente alle esigenze delle comunità locali, ha bisogno di uno stato centrale che, nel definire i livelli essenziali delle prestazioni , stabilisca obiettivi di servizio verso i quali orientare le risorse, sostenga le esperienze migliori e incentivi le altre ad adeguarsi agli standard più elevati in un sistema che rispetti l'autonomia dei governi regionali, ma tuteli la protezione sociale di tutti i cittadini nel territorio nazionale e che tenda a portare i territori meno avanzati al livello di quelli con un welfare più' consolidato evitando il rischio dell'appiattimento di possibili valutazioni basate su medie nazionali .Né la sussidiarietà può essere intesa, con riferimento al rapporto tra intervento pubblico e attori della società civile (associazioni, terzo settore, famiglie), come un modo per scaricare su questi ultimi responsabilità che sono in realtà proprie delle istituzioni pubbliche. La sussidiarietà richiede di valorizzare l’autonomia e la capacità delle persone, delle famiglie, delle associazioni, per integrare e arricchire il welfare, contribuendo così al benessere comune: le molteplici funzioni di politica sociale richiedono l’intervento attivo e integrato delle istituzioni locali e della società civile nelle sue varie forme: alla gestione ed all'offerta dei servizi, infatti, provvedono (così come previsto nella L328/2000) soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.

In questo quadro possono svolgere un ruolo significativo anche gli enti bilaterali costituiti fra sindacati e imprese che possono integrare e potenziare le prestazioni di welfare.

Ma, se non vogliamo che aumentino le disuguaglianze e le sperequazioni tra i cittadini in funzione delle appartenenze a categorie più o meno forti e ad ambiti culturali o religiosi più o meno attrezzati, le istituzioni pubbliche hanno il compito ineludibile di disegnare le regole e governare l’allocazione delle risorse in modo da sostenere gli attori della società civile e includere nel sistema di welfare tutti i cittadini.

In questa prospettiva, si apre uno spazio rilevante per politiche pubbliche volte a costruire, governare e regolare i mercati dei servizi di qualità sociale: l’azione pubblica è chiamata a programmare e rendere più omogenea la diffusione dei servizi sul territorio e a realizzare una effettiva capacità di scelta da parte dei cittadini anche sostenendone il potere di acquisto (buoni servizio), garantendo la qualità dei servizi attraverso l’accreditamento degli erogatori e il loro monitoraggio, svolgendo funzione di regolazione dei prezzi. Per questa via, inoltre, si garantiscono anche i diritti dei lavoratori impegnati nel settore, condizionando l’accreditamento delle strutture e il pagamento dei servizi attraverso i buoni alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro e alla qualificazione professionale del personale.


IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ

Rete integrata dei servizi, e al suo interno in primo luogo servizi per l’infanzia e per la non autosufficienza, riforma dell’Irpef, sostegno ai redditi bassi via imposta negativa e assegno per i figli minori, piano straordinario per l’occupazione giovanile, sono tutti tasselli che, oltre a migliorare la qualità della vita per tutti, contrastano attivamente anche i rischi di impoverimento. E’ questa una questione che interessa ormai non solo le persone e le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa (nell’insieme circa un quinto della popolazione italiana), ma anche fasce di ceto medio produttivo che risentono della stagnazione dell’economia italiana nell’ultimo decennio e dell’accresciuta precarietà del lavoro, aggravate dalla crisi esplosa nel 2008 e non ancora superata.

Per garantire una rete di protezione di base contro la povertà, il PD propone di accompagnare le misure indicate con:
• l’istituzione di un Reddito di Solidarietà Attiva rivolto alle persone che per qualunque ragione si trovano in condizioni di povertà: un reddito temporaneo erogato dall’INPS, condizionato a “prova dei mezzi” e alla partecipazione a programmi di reinserimento sociale e di ricerca attiva del lavoro organizzati da regioni e comuni.


IL VINCOLO DELLE RISORSE

Gli interventi di riforma indicati impegnano risorse consistenti e devono confrontarsi con un quadro di finanza pubblica che, nel contesto internazionale odierno, pone vincoli stringenti. Il fatto è che il debito pubblico, che aveva cominciato a ridursi nelle due legislature governate dal centrosinistra, ha ripreso a lievitare con i governi di destra e richiede quindi di essere nuovamente riportato sotto controllo.

E’ chiaro che solo una ripresa forte del ritmo di crescita dell’economia italiana può allentare stabilmente questi vincoli di finanza pubblica, generando le risorse per le riforme di cui c’è bisogno. Ed è chiaro che la partita della crescita italiana si gioca anche sul terreno della capacità di costruire un quadro macroeconomico stabilmente espansivo a livello di Unione Europea nel suo insieme, sfruttando l’ampiezza del mercato interno e la capacità di attrarre capitali dall’estero derivante dall’unificazione monetaria.

Ma anche a livello nazionale c’è molto da fare: si tratta di lavorare sulla composizione di entrate e spese pubbliche per aumentare il tasso di crescita dell’economia a parità di incidenza della finanza pubblica sul Pil. Ci attendono passaggi difficili: se vogliamo espandere le voci di spesa sottodimensionate – investimenti infrastrutturali, ricerca e sviluppo, politiche sociali – dobbiamo, per un verso, ridurre altre voci di spesa e riconvertire una parte della stessa spesa sociale e, per altro verso, migliorare drasticamente le modalità stesse con cui lo Stato spende per investimenti, ricerca e protezione sociale; e dobbiamo fare un discorso di verità al paese che consenta di spostare il carico fiscale dal lavoro ad altre basi imponibili e di mettere a regime una azione metodica di contrasto dell’evasione fiscale (su questo rinviamo alla proposta di riforma fiscale approvata a Varese nell’ottobre scorso).

Lo stesso processo di riforma tratteggiato sopra opera in questa direzione, delineando un salto di qualità nelle modalità con cui si svolge l’intermediazione pubblica delle risorse: in termini di trasparenza e controllabilità degli effetti redistributivi; in termini di efficienza nell’uso delle risorse; in termini di efficacia nel rispondere alle istanze della società; operando per favorire l’emersione del lavoro nero che spesso le funzioni di cura. E’ sul fronte delle spese che si gioca la partita più impegnativa. Si tratta di riorganizzare le forme di erogazione dei servizi in modo da ottenere più servizi e migliori servizi per ogni euro di spesa: incidere sulle posizioni di rendita che sono presenti all’interno del settore pubblico ma anche nei rapporti tra settore pubblico e operatori privati; costruire nelle organizzazioni pubbliche una cultura dei risultati e aprire i servizi ogni volta che risulta possibile – come nel campo dei servizi all’infanzia e alla non autosufficienza - alla verifica di efficienza e di efficacia di mercati governati e regolati dall’azione pubblica e in cui i cittadini abbiano voce in capitolo per far valere i propri bisogni. Sono passaggi essenziali per consentire, a parità di risorse pubbliche impegnate, uno sviluppo dell’offerta di servizi che risponda alla domanda potenziale dei cittadini.


PER CONCLUDERE

L’insieme degli interventi di riforma che abbiamo indicato aprirebbe una nuova fase nello sviluppo economico e sociale del paese, una fase proiettata verso la costruzione di un “welfare dello sviluppo umano”: un nuovo passaggio nella costruzione di una società ispirata all’ideale civico “liberté, égalité, fraternité”, un passaggio centrato sull’autodeterminazione dei cittadini in un contesto di relazioni umanamente “ricche”. Per questo abbiamo sottolineato come al centro del nuovo welfare vi debba essere la persona come soggetto di diritti e di doveri, ossia come cittadino inserito in una rete di relazioni sociali e di responsabilità individuali e collettive. Per questo abbiamo rivendicato il ruolo decisivo dell’intervento pubblico in un rapporto di interazione positiva con le energie della società civile e come organizzatore e regolatore di meccanismi di mercato che includano tutti i cittadini.

In sintesi, la nostra è una visione radicalmente diversa da quella teorizzata dal governo di destra: non la ritirata dello stato, sperando nella supplenza contrattuale delle categorie forti e nella compassionevole carità del dono per gli “ultimi”; ma uno stato che sia programmatore e regolatore forte di un complesso di prestazioni cui tutti hanno diritto ad accedere e che promuova una imprenditorialità diffusa nei soggetti di offerta pubblici, privati, non profit in funzione dei bisogni dei cittadini.


  Leggi Anche...

Mino Taricco utilizza cookies tecnici e di profilazione e consente l'uso di cookies a "terze parti" che permettono di inviarti informazioni inerenti le tue preferenze.
Continuando a navigare accetti l’utilizzo dei cookies, se non desideri riceverli ti invitiamo a non navigare questo sito ulteriormente.

Scopri l'informativa e come negare il consenso. Chiudi
Chiudi
x
Utilizzo dei COOKIES
Nessun dato personale degli utenti viene di proposito acquisito dal sito. Non viene fatto uso di cookies per la trasmissione di informazioni di carattere personale, né sono utilizzati cookies persistenti di alcun tipo, ovvero sistemi per il tracciamento degli utenti. L'uso di cookies di sessione (che non vengono memorizzati in modo persistente sul computer dell'utente e scompaiono, lato client, con la chiusura del browser di navigazione) è strettamente limitato alla trasmissione di identificativi di sessione (costituiti da numeri casuali generati dal server) necessari per consentire l'esplorazione sicura ed efficiente del sito, evitando il ricorso ad altre tecniche informatiche potenzialmente pregiudizievoli per la riservatezza della navigazione degli utenti, e non consente l'acquisizione di dati personali identificativi dell'utente.
L'utilizzo di cookies permanenti è strettamente limitato all'acquisizione di dati statistici relativi all'accesso al sito e/o per mantenere le preferenze dell’utente (lingua, layout, etc.). L'eventuale disabilitazione dei cookies sulla postazione utente non influenza l'interazione con il sito.
Per saperne di più accedi alla pagina dedicata

Individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei cookie.
Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

Consulta il testo del provvedimento