FESTA DELLA LIBERAZIONE 2019

La celebrazione del 25 aprile, la Festa della Liberazione, ha quest’anno un sapore particolare.
Tantissime persone si sono mobilitate in questa giornata. 
E’ stata una risposta importante a esternazioni, anche di figure istituzionali, totalmente fuori luogo e a provocazioni, se non incoraggiate, quanto meno tollerate in modo assolutamente in modo inopportuno da chi avrebbe dovuto avere ben altre responsabilità istituzionali.
Credo sia stata risposta importante al tentativo di confondere o di sminuire il senso di questa giornata. 
Perché la celebrazione del 25 aprile non è una generica festa della libertà o democrazia, così ci vogliamo tutti bene, ma è il ricordo di un evento : la liberazione dalla dittatura nazifascista. 
Evento che è costato a milioni di persone nel nostro Paese lacrime, sangue e vite. 
Ed è la festa di tutti e non solo di qualcuno, come è stato detto. 
Di tutti perché quella liberazione è potuta accadere perché persone di tutte le convinzioni politiche (comunisti, socialisti, cattolici, liberali, monarchici, repubblicani, …), di tutte le religioni, di tutti gli strati sociali e di tutte le professioni ( agricoltori e operai, insegnanti, impiegati, religiosi e sacerdoti, militari, studenti, imprenditori, … ) decisero che le loro differenze e le loro aspirazioni individuali passavano in secondo piano, di fronte al dolore del paese straziato da venti anni di dittatura e alla violenza dello sfregio fascio-nazista di quella stagione, che chiedeva unità e sacrificio, e seppero fare quel passo.

Ed è una festa che parla al presente, che chiede il nostro impegno vigile e attento, perché come ha detto il Presidente della Repubblica quelle conquiste di libertà e democrazia non sono acquisite una volta per tutte, ma sono, purtroppo, costantemente sotto attacco.

Per questo le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Vittorio Veneto, sono state parole importanti : 

“Festeggiare il 25 aprile significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico.
Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà di tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni. A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi d’Italia; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi lontani che hanno fornito un grande prezioso contributo e sono morti in Italia per la libertà …
Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta repubblicana e il primo gennaio 1948 con la Costituzione. Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. 
Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri … 
Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista … 
Molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne, soprattutto donne, di tutta Europa.”

Qui  il discorso integrale del Presidente della Repubblica, 
e qui la lettera che il Rettore dell’Università di Padova Concetto Marchesi  inviò il 1 dicembre 1943 ai suoi studenti per spiegare perché lasciava l’Università per unirsi alla Resistenza. 
Un grande testamento valoriale e spirituale, da leggere  . . .

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