GIORNATA PER LE VITTIME DELL'IMMIGRAZIONE: PROTEGGERE LE PERSONE, NON I CONFINI
Proprio nella Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, oltre 5.500 migranti, bordo di 36 barconi, sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia dalle navi della Guardia Costiera, della Marina Militare e di organizzazioni non governative.
Sono passati tre anni da quel 3 ottobre 2013 quando 386 persone morirono a poche miglia da Lampedusa e la situazione è ancora al limite, con sbarchi che si susseguono e con tragiche morti che continuano ad accompagnarli.
Ogni giorno purtroppo un gruppo più o meno numeroso di anime piccole e grandi cercherà la salvezza via mare e non sempre la troverà. È una strage che procede silenziosa tra tentativi di soluzioni ancora non trovate e difficilmente attuabili. Solo quest'anno hanno attraversato il mar Mediterraneo oltre 300 mila persone, il 28% bambini, molti non accompagnati.
Numeri impressionanti, numeri di fronte a cui non possono bastare le operazioni dei soccorritori in mare, così come è enorme la sproporzione tra il bisogno e le attività di chi a terra si prende cura di queste persone ferite, spesso nel corpo e sempre nel cuore e nello spirito.
È una sfida grande, forse la più grande di questo nostro tempo.
I cambiamenti geopolitici attuali stanno mettendo a dura prova i modelli di governo e gestione dei rapporti internazionali attuati finora, ma questo che ci piaccia o non è il nostro banco di prova: la civiltà occidentale deve trovare il coraggio di cogliere in questa situazione la sfida per disegnare percorsi nuovi di apertura, di collaborazione reciproca, di supporto e gestione all’altezza della entità del fenomeno che siamo chiamati a fronteggiare.
La nostra civiltà e la sua capacità di adeguarsi alle sfide del presente è chiamata a farsi carico di problemi enormi che vengono da lontano nel tempo e nello spazio.
E’ illusorio pensare di poter erigere muri o serrare i confini, la storia ha già decretato il fallimento di queste scelte e di questi metodi.
L'Europa aveva stabilito di ricollocare i profughi in un ottica di solidarietà e di divisione dei pesi , e gli Stati hanno sottoscritto dei patti nel merito, ma oggi non tutti li stanno rispettando, è un atteggiamento grave e deleterio che rischia di minare le fondamenta dell’UE.
L'Italia sta proseguendo nelle attività di soccorso, ma l'accoglienza deve coinvolgere tutta l’Europa, non solo un esiguo numero di Paesi europei. È indispensabile che sia condivisa una quota di responsabilità e lo sforzo di mettere in campo una risposta a queste persone bisognose, così come si condividono le risorse Ue finalizzate allo sviluppo in un ottica di solidarietà interna.
Come scritto sul cartello alla testa del corteo che ha attraversato le strade di Lampedusa per concludersi davanti alla Porta d'Europa, il monumento costruito per commemorare i migranti morti in mare, è arrivato il tempo di "Proteggere le persone, non i confini".