IMMIGRAZIONE: UNA GRANDE SFIDA DEL PRESENTE.

Le vicende di questi giorni, con alcuni Paesi europei che stanno sospendendo o valutando di sospendere il trattato di Schengen, confermano la situazione di drammatica complessità che il mondo intero, ed in particolare alcune aree di guerra e di carestia stanno attraversando.
Conseguentemente l’Europa cioè una delle aree con maggior benessere del globo nell’estate 2015 si è trovata al centro della tragedia dei barconi e delle marce degli immigrati. 
Le immagini di questa crisi umanitaria collettiva ci hanno costretto a riflessioni forti sul nostro vivere e sulle nostre scelte contingenti e strategiche, oltreché sulle politiche dei singoli stati e della UE. 
Immagini di poveri corpi travolti da una sorte disgraziata, tragici sbarchi clandestini sulle spiagge greche e su quelle del nostro Sud d’Italia, risalendo fino a Ventimiglia e ai confini francesi, immagini di marce e di respingimenti brutali, interpellano le nostre sensibilità e le nostre coscienze. 

Quanto il nostro cuore sia ancora sensibile, e quanto siamo invece purtroppo già anestetizzati di fronte a questo dolore che si abbatte sulle nostre terre accompagnando persone in cerca di salvezza e con un carico di speranza tanto da sfidare una morte possibile è difficile a dirsi.
L’uomo è purtroppo in grado di assuefarsi e di arrivare a tollerare l’intollerabile. 

Ma proprio per questo dobbiamo tenere gli occhi ben aperti, insieme al cuore, su tutte le immagini più dolorose e inaccettabili, come il piccolo corpo di Aylan sulla spiaggia di Bodrum e su immagini che arrivano dall’est dell’Europa: per chiarire innanzi tutto a noi stessi da che parte stare, quali parole sostenere e quali azioni promuovere di fronte ai raccapriccianti fenomeni di xenofobia e populismo che sono nati e vengono cavalcati anche purtroppo da personaggi vicini al nostro territorio. 

Fanno certamente riflettere alcune scelte recenti di stati limitrofi di porre un divieti  agli ingressi di immigrati, di alzare muri e barricate protettive, di porre veti sulle quote obbligatorie nelle distribuzione dei migranti. 
Addolorano le immagini con numeri sempre crescenti di stranieri in cerca di salvezza che incontrano una morte atroce in mare, uomini, donne, bambini, in molti casi della stessa età dei nostri figli che ricominciano l’anno scolastico proprio in questi giorni di settembre. 
Confortano le manifestazioni di umanità dimostrate dal numero crescente di persone e famiglie che si rendono disponibili ad accogliere i profughi anche nelle proprie abitazioni (http://www.torinotoday.it/cronaca/come-fare-per-accogliere-un-migrante-torino.html).

Sono sicuramente una provocazione per le coscienza le marce pacifiche e silenziose delle donne e degli uomini scalzi che hanno attraversato le piazze di numerose città italiane nei giorni scorsi (http://www.repubblica.it/politica/2015/09/11/foto/marcia_degli_scalzi_in_tutta_italia_ci_si_mobilita_per_i_migranti-122689027/1/?ref=search#1), per manifestare solidarietà e comprensione, ma soprattutto per richiedere un cambiamento radicale delle politiche migratorie europee e globali.

In molti chiedono il superamento del Trattato di Dublino (considerato oggi da tanti anacronistico, visti i flussi migratori che hanno raggiunto livelli inaspettati e non prevedibili negli anni 90: la regola sulla quale si è aperto il confronto è quella dell'obbligo di registrarsi nel Paese di arrivo, dove il profugo è costretto a chiedere lo status di rifugiato, senza poter proseguire per un altro Paese membro, anche se lo desidera; questa regola ha finito per congestionare i centri di identificazione dei Paesi più facili da raggiungere via mare o via terra, come l'Italia e l'Ungheria, e per creare una situazione paradossale che vede da un parte profughi che vorrebbero raggiungere altri Paesi, come la Germania, il Regno Unito o la Svezia, ma non possono; dall'altra, Paesi che non riescono ad accogliere e gestire i migranti in arrivo ma sono costretti a trattenerli, registrarli e ospitarli) e certezza di corridoi umanitari sicuri per le vittime di guerre, catastrofi e dittature e perché avvenga un’accoglienza dignitosa e rispettosa per tutti i bisognosi.

Siamo davanti ad un problema serissimo, che tocca i cuori, ma deve muovere i cervelli e le azioni ora che è diventato globale da nostrano che è stato fino a qualche tempo fa. 
Oggi il mondo sta vivendo anche sulla pelle delle proprie terre quello che le nostre coste vivono da anni e sta toccando con mano quanto sia fondamentale operare come comunità europea all’unisono e con un progetto sostenibile per tutti. Servono politiche di asilo comuni, con modalità di accoglienza e rimpatrio comunitarie, con politiche di cooperazioni internazionali e azioni mirate e incisive contro i trafficanti di uomini, per recidere alla base il circolo vizioso che sta alla base di questa nuova forma di schiavitù.

Serve soprattutto una profonda riflessione sul futuro del nostro continente, sull’andamento demografico passato presente e futuro nelle nostre terre, e sulle relazioni internazionali che sono alla base di tante disarmonie e di tante diseguaglianze tra aree del mondo, tra paesi e all’interno dei paesi, impegnadoci a perseguire giustizia e sostenibilità sociale ed ambientale.

Voglio lasciare due fonti interessanti e che ritengo utili, il primo per chiarire dubbi e incertezze, il secondo per sfatare certi ‘miti’ mentali del genere ‘c’è un’invasione!’ o peggio ‘ci rubano il lavoro!’ che ormai sono diventati motti sterili proclamati a mo’ di slogan per seguire la linea delle parole urlate e spesso riempire vuoti di conoscenza. 


Per un ulteriore approfondimento

In allegato per un ulteriore approfondimento un mini dossier di Openpolis


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