LA LEGA: TRA ANNUNCI E PROPAGANDA
La Lega ha davvero cambiato pelle, come dimostra la paradossale richiesta
del trasferimento di due Ministeri a Milano, ed è per questo che sta
perdendo una parte del consenso ottenuto.
Paga una doppiezza ed una strumentalità che stanno iniziando a mostrare la
corda.
La proposta di istituire due Ministeri a Milano è non solo impercorribile,
ma sbagliata, inutile e costosa per il contribuente italiano, senza che
questo si traduca in un beneficio per i cittadini, con l’aggravante, però,
che disarticola l’amministrazione dello Stato che è e deve rimanere unitaria
per essere funzionale.
E, tuttavia, la questione è significativa perché ci consente di capire quale
sia stata la mutazione della Lega, da partito nato con l’obiettivo di
cambiare radicalmente il Paese per dare efficienza e opporsi al gonfiamento
della spesa pubblica, immaginando una riorganizzazione dello Stato
attraverso il federalismo, ora in difficoltà a giustificare che il
federalismo produce, se mai lo farà, risultati diversi e inferiori a quelli
attesi, si riduce a cavalcare slogan e alla ricerca di consenso mediatico,
chiedendo lo spostamento di alcuni Ministeri al Nord.
E’il segno dell’abbandono di qualsiasi progetto riformatore vero o presunto.
La conferma di uno stato di confusione e dell’incapacità di andare oltre i
proclami e la propaganda.
La Lega si trasforma, cioè, da partito che ha chiesto ed ottenuto voti per
combattere Roma-ladrona, a partito che ha rinunciato a combattere
l’intreccio tra politica e affari, fenomeno che si è anzi aggravato,
nonostante la Lega eserciti ormai da anni un ruolo di governo a Roma ed in
molte parti del Paese.
La spesa pubblica ha continuato a crescere in questi anni, nonostante i
tagli ai servizi e agli investimenti sui territori.
La Lega che presentava il federalismo come lo strumento per garantire più
servizi e meno tasse, è diventata un partito che ha approvato una riforma
che avrà effetti diametralmente opposti a quelli annunciati e che, con la
proposta di trasferire due Ministeri al Nord, si rende responsabile di
ulteriormente dilatare, anziché contenere la spesa pubblica.
Si tratta di una involuzione evidente, a chi governa si chiede di affrontare
i problemi e di gestirne la soluzione e non di continuare a lanciare
proclami e slogan, farlo denota incapacità ed impotenza, e gli elettori
hanno iniziato a capirlo.
Mino Taricco