LA VERA STORIA DELLE SPESE MILITARI AL 2 PER CENTO DEL PIL

In queste settimane,  dopo che un Ordine del Giorno, presentato alla Camera dei Deputati dal leghista Roberto Paolo Ferrari, e firmato anche dai capigruppo in Commissione Difesa di tutte le principali forze politiche, tra cui Movimento 5 stelle, Partito democratico, Forza Italia, Italia viva e Fratelli d’Italia, che impegnava il Governo a incrementare la “spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del PIL”, è stato   approvato  con 391 voti favorevoli, 19 contrari e 7 astenuti, il confronto politico è stato attraversato da roventi polemiche, stimolate soprattutto  dalle prese di posizione del Movimento 5Stelle che dopo aver sottoscritto e votato l’ODG in oggetto,  ha cambiato idea ed ha  contestato pesantemente la decisione, per poi arrivare all’accordo sulla definizione di una tempistica per il raggiungimento del summenzionato 2% del PIL.

Molto si è scritto e detto sul tema, e credo sia giusto, per cercare di conoscere e di capire prima di parlare o di scrivere, ripercorrere alcuni passaggi e rispondere ad alcune domande.

CHE COSA E’ LA NATO, E COME FUNZIONA ?
La NATO  (North Atlantic Treaty Organization - Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord)  è un'organizzazione internazionale che ha lo scopo di creare una collaborazione reciproca per la difesa dei suoi paesi membri. Nasce dal Patto Atlantico, che è stato firmato a Washington il 4 aprile 1949, ed è entrato in vigore il 24 agosto dello stesso anno. L'organizzazione ha sede a Bruxelles, in Belgio.
E’ un’alleanza militare tra 30 Paesi, finanziata dagli stessi  in base al proprio reddito nazionale lordo .
Il  bilancio della Nato è di circa 2,5 miliardi di euro , in parte per operazioni civili (circa 290 milioni di euro) e per operazioni militari (1,6 miliardi di euro) e anche per investimenti (790 milioni di euro). 

QUAL È LA SPESA MILITARE IN ITALIA  ?
Innanzi tutto è necessario specificare he secondo quanto riportato nell'ultimo Rapporto annuale del Segretario generale dell'Alleanza Atlantica (marzo 2021), la spesa per la difesa nei Paesi NATO nel 2020 è aumentata rispetto agli anni precedenti.

Nonostante la spesa per la difesa del nostro paese sia in linea con molti altri paesi,  e sia decisamente inferiore ai maggiori paesi UE, in Italia si spende circa l’1,4 % del PIL pari a circa 25 miliardi di euro l’anno in crescita, ed  il trend in crescita della spesa militare dura da parecchi anniNel complesso in ambito NATO  la spesa più consistente continua ad essere quella degli Stati Uniti che copre circa Il 70% appunto delle spese complessive NATO. 

DA DOVE VIENE L’IMPEGNO AL 2% PER LA SPESA MILITARE ?

L’obiettivo del  2 per cento del PIL da destinare alle spese militari è stato citato per la prima volta nel 2006, al margine del vertice Nato a Riga, in Lettonia. In quell’occasione, per la prima volta, i Ministri della Difesa dei Paesi membri della Nato hanno espresso la volontà di destinare il 2 per cento del PIL alle spese militari, anche se in quell’occasione il portavoce dell’alleanza aveva precisato che non si trattava ancora di «un impegno formale», ma della «decisione di lavorare a questo obiettivo». 

Nel settembre 2014, dopo l’annessione illegittima della Crimea da parte della Russia, al summit di Newport, in Galles, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi Nato hanno formalizzato quanto deciso nel 2006. 
Nella dichiarazione conclusiva si legge che tutti gli alleati che spendevano meno del 2 per del PIL in ambito militare – tra cui anche l’Italia – avrebbero dovuto evitare ogni ulteriore riduzione per questa voce di spesa, e anzi avrebbero dovuto aumentare il budget seguendo le direttive Nato, in modo da raggiungere la soglia del 2 per cento entro i successivi dieci anni (quindi entro il 2024). 

In quel momento solo 3 su 30 spendevano già quanto stabilito: gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Grecia. Sette anni dopo, nel 2021, a questi si sono aggiunti altri sette : Francia, Lituania, Lettonia, Estonia, Croazia, Polonia e Romania. Lo scorso anno tra i grandi Paesi europei solo la Francia rispettava l’impegno – seppur di poco, con una spesa del 2,01 per cento – mentre Germania (1,5 per cento), Italia (1,4 per cento) e Spagna (1 per cento) erano ancora lontane dall’obiettivo. 

Sul sito NATO si può leggere che la decisione è stata presa per «assicurare la prontezza militare della Nato», e la soglia rappresenta un «indicatore della volontà politica dei diversi Paesi di contribuire agli sforzi comuni di difesa», dato che le capacità militari di ogni membro si riflettono poi sulla «percezione complessiva della credibilità dell’alleanza come organizzazione politico-militare».

Inoltre, la dichiarazione sottoscritta a Newport contiene anche un’altra indicazione importante. Della spesa pari almeno al 2 per cento del PIL teoricamente destinata alla difesa, almeno il 20 per cento dovrebbe essere indirizzato in particolare a investimenti per l’acquisto, ricerca e sviluppo di attrezzature militari (i cosiddetti “major equipment”).  In questo caso, l’Italia ha raggiunto negli ultimi anni questo obiettivo: nel 2014 destinava agli investimenti poco più del 10 per cento del budget, ma nel 2021 la percentuale sfiorava il 29 per cento. Solo cinque Paesi membri però non rispettavano questa indicazione: Germania, Belgio, Canada, Portogallo e Slovenia. 
La dichiarazione del 2014, che impegna i membri della Nato a destinare almeno il 2 per cento del PIL alle spese militari, è stata sottoscritta dai leader di tutti i Paesi membri dell’Alleanza tra cui, per l’Italia, l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma l’impegno è poi stato ribadito da tutti i successivi governi in occasione dei summit Nato: nel 2016 a Varsavia dallo stesso Renzi, nel 2018 e nel 2019 da Giuseppe Conte (rispettivamente a capo dei governi sostenuti da Lega e M5s e poi da M5s e Pd) e infine nel 2021 da Mario Draghi, durante l’ultimo vertice a Bruxelles, in Belgio. 
Proprio in quest’ultima occasione, tra l’altro, i leader hanno ribadito il proprio impegno in modo inequivocabile, affermando: «Siamo individualmente e collettivamente decisi a migliorare la divisione dei costi e delle responsabilità tra i membri dell’alleanza», anche in virtù di quanto deciso «al summit del 2014 in Galles».
Secondo i dati della Banca mondiale, negli anni tra il 1960 ed il 1974 l’Italia ha sempre speso più del 2 per cento del proprio PIL in ambito militare, sfiorando anche il 3 per cento nel 1966. 
Dal 1990 in poi, però, la soglia non è mai più stata raggiunta ed in questo momento come detto è intorno all’1,4 % del PIL.

Credo che la necessità di una seria riflessione sull'entità della spesa per difesa, che tenga conto dello scenario generale ma anche delle necessità vere del paese, e sulla necessità di passare dalle difese nazionali ad una difesa europea, probabilmente meno costosa e più efficace, sia reale e seria. Spiace invece che ancora una volta invece di porre queste questioni reali e serie, ci sia chi, peraltro in contraddizione con le sue stesse decisioni passate e recenti, per cercare di cavalcare risultati di qualche sondaggio  , o per sperare di recuperare con uno spot una presunta verginità perduta, cioè per sperare di carpire un po' di consenso, scateni, in un momento così cruciale per l'Europa e per il mondo, una tempesta in un bicchier d'acqua ad esclusiva finalità mediatica. Spiace perché, almeno in momenti come l'attuale, servirebbero maggiori sobrietà e serietà. 

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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