LETTERA INVIATA AI GIORNALI SUL TEMA IRRIGAZIONE

Gentile Direttore,
in queste settimane nelle quali è tornato a riaffacciarsi, in molte situazioni, la realtà o quanto meno lo spettro della carenza d’acqua per l’irrigazione e per la sopravvivenza della fauna acquatica in corsi d’acqua ormai drammaticamente disseccati, abbiamo tutti nuovamente letto e sentito della necessità di realizzazione di invasi e di opere infrastrutturali sempre più fondamentali in una prospettiva, ormai concreta e reale, di cambiamenti climatici e delle loro conseguenze.  Mi permetto sul tema di esprimere alcune brevi considerazioni.
 
La realizzazione di queste opere richiede tempi lunghi e risorse molto ingenti. Tempi lunghi perché sono opere molto complesse, e oggettivamente di grande impatto sui territori. Un invaso, un canale o una tubazione importante che a volte si snoda per decine di chilometri oggettivamente lo sono e chiedono giustamente valutazioni di impatto, studio dei territori e dei tracciati, e risorse ingenti perché in molti casi parliamo di decine o di centinaia di milioni di euro per ogni singolo intervento, o lotto dello stesso, per cui sono sempre o quasi realizzati con interventi nazionali o europei.
 
In questi anni abbiamo toccato con mano come nei vari Programmi per il recupero, l’accumulo ed il miglioramento dell’efficienza nell’uso dell’acqua, sia nazionali, sia sostenuti da programmi europei, il presupposto per l’accesso ai finanziamenti richieda che i progetti siano a tutti gli effetti cantierabili, e lo siano di conseguenza anche, le autorizzazioni e le concessioni.
 
Il problema, come sanno tutti coloro che si sono cimentati con questo impegno, è che per arrivare ad avere una opera cantierabile serve un grande impegno ma soprattutto serve la capacità economica di anticipo delle risorse a sostegno di tutto il lavoro precedentemente predisposto e della documentazione necessaria alla presentazione.
 
Ho parlato di anticipazione in quanto nei finanziamenti è prevista una quota che generalmente oscilla tra il 10% ed il 14% dell’ammontare complessivo a copertura dei costi di progettazione e di direzione dei lavori, costi quindi da sostenere preventivamente, ma che rientreranno successivamente.
 
L’esperienza, ormai consolidata di anni e di decenni, ci consegna da questo punto di vista una realtà nella quale da una parte solo pochi grandi Consorzi irrigui di grandissime dimensioni, con decine o centinaia di migliaia di ettari di superficie servita – nel Nord Piemonte – riescono a predisporre le progettazioni ed i dossier, unitamente alle autorizzazioni e concessioni necessarie, grazie anche alla qualità delle loro strutture tecniche e alla disponibilità delle proprie risorse, per poter cantierare gli investimenti necessari, e quindi attingere ai finanziamenti per queste opere (rientrando a tal fine dei costi sostenuti a monte per la progettazione e le procedure idonee come precedentemente affermato) e paradossalmente rafforzando ulteriormente le loro strutture tecniche; dall’altra parte, consorzi di dimensioni molto più ridotte – presenti per lo più anche nella nostra Regione, che difficilmente riescono a mettere in campo con anni di anticipo le risorse tecniche, ma soprattutto economiche, per predisporre i progetti ed i dossier necessari a dare concretezza a tutte quelle opere di cui tutti ne condividiamo la necessità e l’urgenza.
 
Per questo nel gennaio 2009, allora Assessore all’agricoltura in Regione, avevo promosso una forma di sostegno per la progettazione di opere irrigue strategiche da individuare tramite bandi di gara oppure essere inseriti all’interno di intese istituzionali, accordi di programma, protocolli di intesa, contratti di fiume che esprimessero il consenso del territorio per iniziative condivise, nella sostanza un Fondo rotativo della Regione che aveva la missione di anticipare risorse per permettere ai progetti condivisi, affinché potessero essere preparati per tempo ed essere pronti e cantierabili quando ci fossero stati bandi nazionali o europei.
 
Purtroppo, quell’impegno iniziale, la cui possibilità peraltro è stata recentemente anche ribadita nell’articolo 73 della Legge regionale 1 del 2019, che tra l’altro ha permesso a suo tempo il finanziamento del progetto iniziale Serra degli Ulivi, è stato nei fatti negli anni a seguire abbandonato, e il risultato è che ancora una volta rischiamo di non essere pronti per gli appuntamenti importanti che si annunciano in questa stagione.
 
Credo che al di là delle tante parole che si spendono in questi momenti, servirebbe riprendere quel progetto di creare quel “parco progetti”, e decidere di dedicarvi qualche milione di euro ogni anno - come avevamo immaginato ormai una dozzina di anni fa - per essere pronti con progetti definitivi e cantierabili ai prossimi bandi o piani irrigui nazionali. Ed inoltre, un sistema a regime di quel genere si autoalimenterebbe perché, come prevede l’articolo 73 citato, man mano che i progetti si possano realizzare questi restituirebbero quanto anticipato, e le risorse potrebbero essere dirottate a preparare altri nuovi progetti futuri per altri territori e per altre opere.
 
Grazie per l’attenzione.
 
Mino Taricco

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