LO CHIAMAVANO "DIGNITA"'

Nel momento in cui scrivo queste righe al Senato stiamo votando sul decreto chiamato dal Governo “dignità”, anche se la maggioranza respinge tutti gli emendamenti per approvare in via definitiva il provvedimento.

Un provvedimento sbagliato perché non concertato con in modi economici e sociali, e sbagliato nel merito, che rischia di bloccare la fragile ripresa in atto, che sembra già rallentare.
Spero vivamente di sbagliarmi ma non credo che sia questo ciò di cui il nostro Paese ha bisogno in questo momento.
Venendo al merito, come hanno scritto molti esperti tra i quali il
Prof. Ferlini della Bocconi su Il Sussidiario
, il
prof. Iachino su La Voce
  e in una interessante analisi   l'Avv.Falasca su Il Foglio  il rischio è una paralisi ed un disimpegno da incertezza delle imprese, che crea danni a tutto il quadro economico e conseguentemente all'occupazione.
Le imprese rischiano di non più rinnovare molti contratti a termine o in somministrazione e di non trasformarli in tempo indeterminato, a causa del costo del rinnovo e dell’incertezza normativa che cresce, delle causali che aumentano il contenzioso e della mancanza di veri incentivi alla stabilizzazione.

Il PD ha formulato molte proposte
alternative
 
e molti emendamenti per migliorare il testo sia alla Camera che al Senato, quasi tutti inspiegabilmente respinti alla Camera e tutti respinti al Senato. 

Questo decreto era nato, dicevano per ridare dignità ai lavoratori e alle imprese, la sensazione che cresce racconta un’altra storia : ce lo dicono sindacati e categorie produttive. 
Avevano raccontato che avrebbero azzerato il jobs Act, ma non lo hanno cambiato nulla, hanno pure votato contro la proposta (avanzata da Liberi e Uguali) di reintrodurre l’articolo 18. 

Nei prossimi mesi avremo modo di tornare sul provvedimento e sulle conseguenze che genererà.

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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