OGM: LUCI ED OMBRE

Sulla vicenda Organismi Geneticamente Modificati in Italia, gli ultimi mesi hanno fatto registrare alcune luci e purtroppo anche delle ombre.
Si sono viste luci quando, dopo anni di richieste da parte del mondo agricolo e di larga parte dell’opinione pubblica rimaste sostanzialmente inevase, l’11 luglio 2013 l’Assemblea della Camera dei Deputati ha approvato, come già aveva fatto il Senato su un testo leggermente diverso, una mozione importante. Tale mozione impegnava il Governo, tra le altre cose, ad adottare rigorosa applicazione del principio di precauzione .
In quella stessa seduta, però, sono emerse anche delle ombre, quando il Governo ha reso nota la sua posizione proprio in merito alla clausola di salvaguardia.
Mentre il Parlamento chiedeva l’impegno chiaro ed esplicito ad adottare la suddetta clausola, il Governo si è mantenuto su una posizione più neutra, mettendo ai voti una versione edulcorata, che lo vincolerà solamente a “valutare l’opportunità” di adottarla.
A quella scelta ha fatto seguito, sempre in data 11 luglio 2013, a Bruxelles la riunione del Comitato d’Appello previsto dal Regolamento n 182/2011 per esprimersi in merito all’autorizzazione per gli utilizzi alimentari/mangimistici di tre nuovi OGM e, specificatamente:
a) mais MON89034x1507xMON88017x59122 e otto sottocombinazioni;
b) mais MON89034x1507xNK603;
c) polline derivante da mais MON810;
In quella occasione purtroppo a delegazione italiana in seno al Comitato d’Appello ha votato contro l’autorizzazione al polline derivante da mais MON810 e si è astenuta, insieme a Germania e Bulgaria, nella votazione per gli altri due prodotti.
Questi due fatti dicono di una posizione, quella del Ministero, che cerca di barcamenarsi tra spinte diverse, senza avere il coraggio di fare una scelta chiara e di portarla fino in fondo.
Eppure, ormai, credo che dovrebbe essere chiaro a tutti, che immaginare per il nostro Paese un’agricoltura che utilizza gli OGM non solo non risolverebbe i problemi, ma rischierebbe di ingenerarne di nuovi.
Penso innanzitutto ai rischi per la salute.
Penso ai rischi per la biodiversità.
Penso ai rischi sul piano della comunicazione: di certo un’agricoltura come la nostra, che ha sempre perseguito la qualità, la salubrità, la distintività ed il radicamento nel proprio territorio e nella sua storia, ne uscirebbe distrutta.
Senza dimenticare che tutti gli studi fatti su un’eventuale coesistenza tra coltivazioni convenzionali, biologiche e OGM, ci dicono che, se attuata bene, nel pieno rispetto di ogni scelta sia una pratica economicamente insostenibile.
Credo che sia evidente, analizzando cosa sta succedendo là dove le colture transgeniche sono state autorizzate, che le strade percorribili sono due: o si va verso un’agricoltura che sceglie di competere sui volumi e sul prezzo, giocando sulle dimensioni aziendali e sulle economie di scala , oppure continuare a investire sulla qualità e sul radicamento territoriale , certamente migliorando le modalità e le sinergie e semplificando in nostro quadro produttivo a volte troppo scoordinato e frammentato.
Sinceramente, credo nessuno sia disponibile a sacrificare il lavoro fatto in questi anni sull’altare di un presunto modernismo ed in nome degli OGM.
Per questo credo che il Governo debba rivedere il suo approccio a questo tema e fare una scelta netta, da portare con forza in ogni suo atto ed in ogni ambito nel quale venga chiamato ad esprimere una posizione.
L’Italia, i tanti produttori del nostro Paese, non hanno bisogno di OGM.
Hanno bisogno di valorizzare al massimo quello che hanno fatto in questi anni e che continuano a fare giorno dopo giorno.
Hanno bisogno di semplificazione, di promozione e di innovazione, ma di quella buona.
Quella che migliora gli strumenti per crescere e per fare meglio.
Per continuare a salvaguardare la qualità, la salubrità, la distintività dei prodotti agricoli e la sicurezza alimentare degli stessi raggiunte in questi anni è stata necessaria tanta passione e tanto lavoro, non possiamo buttare tutto ora in nome di scelte ancora tutte da verificare.

Mino Taricco

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