OLIO DI PALMA

L’anno scorso la Ministra dell’ecologia francese Segolene Royal ebbe l’infelice idea di lanciare la proposta di smettere di mangiare la Nutella, perché utilizzante olio di palma, e sull’onda di una campagna mediatica molto vivace,  in Italia 150 mila persone avevano firmato la petizione per limitare l’invasione dell’olio di palma nei prodotti alimentari.
Nei mesi seguenti impazzava sul web  e non solo, una battaglia campale di demonizzazione dell’olio di palma in generale, ed i suoi utilizzatori nel dettaglio, con accuse che spaziavano dal disastro ambientale, perché per coltivare la palma venivano deforestati interi territori - dal 1990 l'Indonesia ha già perso 28 milioni di ettari di foresta -, all’attentato alla salute, con conseguenze cancerogene e di  aumento del diabete e che addirittura portava alla distruzione delle cellule del pancreas. 
Personalmente sono sempre refrattario a sposare le battaglie con toni massimalistici, dove è o tutto giusto o tutto sbagliato, o a sostenere crociate e boicottaggi contro un prodotto, perché credo che la realtà sia sempre molto più complessa, e a maggior ragione non credo siano utili azioni contro un produttore, molte volte portati avanti in modo fideistico senza necessari adeguati approfondimenti. Credo invece sia necessario approfondire e cercare di capire, ed è ciò che modestamente cerco di aiutare a fare.
Già a febbraio 2015 la Ferrero aveva sostenuto che i suoi prodotti erano realizzati con il 100% di olio di palma certificato sostenibile e prodotto con grande attenzione all’impatto ambientale.
Nei mesi scorsi un team di ricercatori dell’università dell’ Università dell’ East Anglia, della Zoological Society of London, dell’università del Vermont affermava che è possibile produrre olio di palma in modo sostenibile, e poi a fine 2015 uno studio pubblicato su Diabetologia confutava anche le conseguenze diabetologiche.
La Ferrero ha sostenuto che i suoi prodotti sono realizzati facendo uso esclusivo di olio del frutto di palma certificato al 100% come sostenibile e “segregato”, secondo quanto previsto per la catena di approvvigionamento dal Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), con un anno di anticipo rispetto alle tempistiche previste. La “segregazione” è lo strumento che consente di tenere l’olio di palma sostenibile fisicamente separato dall’olio di palma non sostenibile e di tracciarne il percorso dalle piantagioni certificate sostenibili alle linee di produzione.
“Nel raggiungere l’obiettivo di un utilizzo al 100% di olio di palma certificato secondo i criteri della RSPO, Ferrero ha dimostrato di lottare contro la deforestazione tropicale in modo credibile” ha detto Richard Holland, direttore del Market transformation initiative” del WWF.
Per questo Greenpeace e WWF sostengono che è ingiusto accusare  Ferrero
La Ferrero ha manifestato attenzione a questo tema da tempo: dal novembre 2013 la multinazionale di Alba aveva annunciato la partnership strategica con l’organizzazione no-profit Tft (The forest trust) lanciando il proprio Palm Oil Charter. La “Carta” prevede 10 criteri specifici di comportamento e pratiche agricole che vengono comunicati ai fornitori affinché questi ultimi si impegnino a implementarli nelle piantagioni presso cui la multinazionale di Alba si approvvigiona.

Un  recente pronunciamento di Min.Salute e ISS


Per un po’ di informazioni  che aiutano a capire

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