PAPA FRANCESCO, L’UNICA VOCE DIVERSA NEL MONDO
Questo Papa non cessa di stupirci e ieri a Torino, da quanto abbiamo potuto seguire sugli organi di informazione, ha ribadito in modo chiaro, con le sue parole con i suoi gesti e con il suo atteggiamento, la sua missione : aiutare l'uomo a ritrovare se stesso.
Il suo continuo richiamo alla consapevolezza di un destino comune, la responsabilità verso le future generazioni, il rispetto dell'ordine naturale delle cose, il recupero dei valori profondi della sobrietà per una nuova giustizia sociale, dell'equità per la dignità di tutti gli esseri viventi, il perseguimento di una convivenza globale per tutelare i più deboli, sono alcuni dei temi su cui ci ha sollecitati in questi mesi.
L'appello di ieri ai giovani ad avere coraggio di piangere, di vivere con integrità morale , prendendosi cura dell'ambiente e dei poveri, sapendo andare controcorrente, è veramente un passaggio forte, capace di ridare un orizzonte di impegno e di fiducia oltre il grigiore del presente.
Di seguito un be commento di Mario Calabresi su La Stampa.
MARIO CALABRESI
Nel tempo in cui sembra aver voce un pensiero unico, che zittisce ogni differenza e ogni sensibilità con la ruspa o con la cruda contabilità, c’è rimasto un uomo che caparbiamente parla di persone e di umanità.
Papa Francesco ci ricorda che siamo donne e uomini, che abbiamo dei diritti, ma anche dei doveri verso chi è troppo piccolo o troppo anziano, troppo malato o troppo debole per stare in piedi da solo.
Il pensiero unico dominante accetta «l’economia dello scarto», che mette in un angolo chi non ha lavoro e chi non è produttivo, così come predica la chiusura all'interno delle proprie identità e dei propri confini. Provare a ricordarci da dove veniamo, riscoprendo il valore dei «nonni» intesi come portatori di memoria, è l’unico modo per capire dove andare. Senza memoria non c’è futuro e solo con un patto generazionale e sociale, che sia l’esatto opposto delle guerre civili cui assistiamo ogni giorno, possiamo pensare di uscire dalla crisi.
Ma per riuscirci non si può stare fermi ad «aspettare la ripresa», mettersi in panchina («o in pensione a vent'anni»), ma bisogna scommettere sulla formazione dei giovani, sulla solidarietà, sullo sguardo ampio e sul coraggio. «Osate, siate coraggiosi», perché solo pensando nuovo e diverso potremo sperare di farcela.