PD, VELTRONI, CHIAMPARINO
L’ex segretario del Pd Walter Veltroni sta agitando le acque del partito con la sua presa di posizione sullo stato di salute del partito, e se il governo non dovesse resistere malgrado le assicurazioni del cavaliere (“reggo fino al 2013”), in vista delle elezioni che potrebbero svolgersi nei prossimi mesi propone un percorso che fa discutere. Anche il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, ha tirato un sasso nello stagno della possibile competizione con il peso che gli viene riconosciuto innanzitutto al Nord. Si tratta di due posizioni distinte. Veltroni chiama in causa una personalità esterna al partito. Evoca una figura della società civile.
Secondo i giornali combattuti tra enfasi e ironia, un papa nero. Chiamparino invece chiede primarie aperte, all’interno di un discorso più ampio sull’identità del partito. E ormai in modo esplicito ha anche detto di poter scendere in campo personalmente.
Se proviamo ad esaminare le due proposte, depurandole per un momento dei loro corollari interni, vale a dire la costituzione di correnti più o meno organizzate, si può osservare che l’ipotesi Veltroni potrebbe anche essere percorsa, ma non in modo aprioristico o astratto.
Se esistesse un nome, una personalità che potesse essere in grado di farci vincere le elezioni, un nuovo Prodi insomma.
Se si trattasse di un fuoriclasse, se avessimo un Maradona, probabilmente lo stesso Bersani sarebbe pronto a riconoscerlo e a fare un passo indietro. Non si tratterebbe in questi termini di una candidatura contro il Segretario del Pd che ha vinto il congresso e le primarie del partito, è bene ricordarlo, meno di un anno fa.
Viceversa un’ipotesi generica, un ballon d’essai, servirebbe soltanto a lacerarci, e come dice bene Bersani a portarci la palla nella nostra metà campo, se non addirittura a tirarla nella nostra porta.
In sintesi: Veltroni ci dica chi ha in mente e ne discutiamo. Non mi convince invece l’ipotesi Chiamparino che, intenzionalmente o no, sfocia in un referendum sul nostro segretario. Il nostro regolamento lo dice chiaramente: il leader del partito è il candidato naturale alle primarie di coalizione per le elezioni politiche. Chiedergli di ritirarsi per favorire un’altra figura del Pd e come chiedergli di dimettersi. Schierargli contro altri candidati del suo stesso partito significa esibire non tanto un’apertura che il nostro partito ha già dimostrato ripetutamente nei fatti, chiamando gli iscritti, gli elettori e i simpatizzanti ad esprimersi sul leader, ma una conta interna utile soltanto a qualche capobastone.
Credo sia il momento di pensare al Paese e di chiudere la fase delle continue conte interne. Lo dobbiamo a coloro che nonostante tutto continuano a credere nella possibilità di un paese migliore e continuano a credere in noi per renderlo possibile.
Mino Taricco