PER NON DIMENTICARE
La frase dello scrittore Primo Levi “meditate che questo è stato” e l’immagine del polso di un detenuto in un lager con tatuato il numero identificativo di prigionia sono stati scelti dal Partito Democratico per ricordare l’Olocausto. YouDem in una puntata speciale, a cura del prof. Bruno Tobia della Sapienza Università di Roma, intitolata “La razzia del Ghetto di Roma” , ricorda il tragico giorno del 16 ottobre 1943 in cui oltre mille cittadini romani di fede ebraica furono catturati e deportati verso i campi di concentramento nazista. “Via della Storia – La razzia del Ghetto di Roma”andrà in onda al termine della trasmissione Pd Oggi alle ore 20,00 e sarà disponibile on-line sul sito www.youdem.tv. La storia ricordata da questa giornata è la storia di migliaia di uomini, donne, anziani e bambini, diretti ad Auschwitz. Questa storia è stata raccontata solo dopo alcuni anni dai fatti , quando nel lavacro dei vinti ci si è ritrovati in tanti obiettori convinti della Shoah. Ma non fu sempre così. Non fu sempr e denominato come sterminio quell’abominio nei confronti dell’umanità. Ci fu un tempo in cui quel massacro, forse ancora non provato, non accertato, troppo terribile persino solo da immaginare figuriamoci da ammettere, fu considerato “campagna denigratoria” contro il regime, contro chi aveva avallato quelle leggi razziali e contro chi pur non avallandole non alitava neanche un minimo di sdegno.Il segno di una giornata come quella del 27 gennaio serve a ricordare tutto ciò: le vittime, lo sterminio, il massacro degli ebrei, degli zingari, dei gay, dei testimoni di Geova, delle persone d’animo che invece allo sdegno diedero alito, parola e gesti. Ma serve anche a ricordare il virus peggiore di quell’eccidio, quello che ancora oggi serpeggia a volte nelle nostre comunità, il più difficile da debellare: quel negazioniso dell’orrore che nega le camere a gas, gli esperimenti di Josef Mengele, la deportazione o le donne “volontarie” del sesso destinate ai gerarchi che in cambio di sopravvivenza e una branda fuori dalla baracca costituivano un esercito di postulanti nei campi di Ravensbrueck, Auschwitz o Buchenwald. Quel virus negazionista è ancora oggi il male endemico della nostra civiltà. "Per questo il 27 gennaio serve oggi più che mai!”in tanti ne sono sempre più convinti e lo stanno dicendo in queste ore . Di recente è scomparsa Tullia Zevi, una protagonista della nostra storia, una donna straordinaria, insieme forte, coraggiosa e mite. Una giornalista e scrittrice, a lungo Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e paladina dei diritti e della cultura ebraica. A lei l’Italia deve molto. E’ stata impegnata a tenere viva la memoria della Shoah anche in anni in cui la voglia di oblio sembrava prevalente. Ha tenuto aperto il dialogo tra le religioni e le culture con tenacia e forza sfidando i luoghi comuni. La sua voce continuerà e lungo a ricordarci il dovere della memoria. Ma come si apprende tristemente dalla cronaca, gli episodi di intolleranza religiosa, spesso rivolti contro le comunità ebraiche si verificano ancora, come atti vergognosi, compiuti da chi vuole deliberatamente ignorare la storia. Il riaffermarsi di forme di razzismo, sessismo discriminazione e sopraffazione nel nostro Paese e nel mondo è sotto gli occhi di tutti, e la Shoa continua ad attraversare quotidianamente le nostre vite. E' una deriva che può portare a far germogliare le radici dello stesso odio che portò l’Europa alla barbarie. Si auspica che il Giorno della memoria debba essere il riferimento celebrativo di una tematica da consolidare nella memoria collettiva anche negli altri 364 giorni dell’anno e non un unico momento rituale ed effimero di una cerimonia, che una volta conclusa, perde spessore. La memoria che celebriamo è anche la storia dell’omofobia di ieri, dell’uomo contro l’uomo, che ci permette di capire meglio l’omofobia dell’oggi, in tutte le sue forme.E’ necessaria una cultura della pace e della tolleranza. Le istituzioni hanno il dovere di impegnarsi per questo, coinvolgendo soprattutto le giovani generazioni, perché il negazionismo non si diffonda nelle scuole e nelle università e perché sia compresa a fondo la tragedia della Shoah. I giovani devono conoscere quell’oscuro periodo della storia europea, affinché simili terribili eventi non possano mai più accadere.