REFERENDUM LOMBARDIA E VENETO
Non avevo pensato a commentare il Referendum consultivo che nelle prossime settimane si terrà in Veneto ed in Lombardia, perché mi pareva una non notizia, poi le vicende della Catalogna da una parte, e la Risoluzione approvata il 3 ottobre dal Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, mi hanno convinto a farlo.
Innanzi tutto diciamo subito che i due referendum delle Regioni italiane non c’entrano nulla con il Referendum della Catalogna, in quanto i due possono essere uno spreco di risorse, ed essere sostanzialmente inutili, ma stanno nell’alveo delle previsioni dell’articolo 116 della Costituzione, mentre quello catalano è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte spagnola.
L’ articolo 116 della Costituzione prevede infatti che ogni Regione possa chiedere di sua iniziativa allo Stato «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia».
Ma per rendere effettivi queste riforme serve comunque una Legge dello Stato che deve essere approvata dalla Camera «a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata». Ed è comunque questa la procedura che anche Veneto e Lombardia, in caso di vittoria del fronte autonomista, dovranno poi intavolare, forti dal mandato popolare, le loro trattative con il governo.
Quindi in pratica con il voto della Risoluzione adottata il 3 ottobre dal Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna - si legge nella dichiarazione di intenti pubblicata sul sito del governo - al fine di ottenere forme e condizioni particolari di autonomia, il Governo e la Giunta regionale intendono dare corso a tale proposito.
Il Governo si muoverà anzitutto mediante i necessari approfondimenti con tutti i Ministeri interessati, tenendo conto delle possibilità e dei limiti stabiliti dalla Costituzione.
Come è noto, l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, prevede al riguardo un procedimento complesso: il primo passo è già stato compiuto, perché si è manifestata una volontà univoca, da parte della Regione, nella sua assemblea elettiva, diretta a tale scopo.
Le materie interessate, afferma la dichiarazione di intenti, «saranno oggetto di ogni necessaria valutazione, da compiere anche in forma bilaterale, in modo da perseguire un esito positivo sia per la Regione sia per l’ordinamento repubblicano sia, soprattutto, nell’interesse del Paese».
In Lombardia e in Veneto il Referendum servirà a dare mandato al governo regionale sostanzialmente di fare altrettanto, spendendo qualche decina di milioni, e soprattutto mettendo in campo una grande operazione mediatica.
A fare questa operazione sono due ex Ministri di Governi di centro destra, che nelle stagione in cui ricoprivano tali incarichi , e avevano anche il governo delle stesse regioni, non avevano avviato o favorito tali percorsi. Singolare che lo facciano ora a pochi mesi dalle elezioni, e con questa rutilante modalità.