RIFORME COSTITUZIONALI

Dopo settimane di discussione estiva sulle riforme costituzionali nelle quali avevo, ingenuamente, pensato vi fosse realmente lo sforzo per la ricerca di un miglioramento delle norme relative al Senato, in particolare relativamente alla modifica delle modalità elettive, debbo purtroppo ricredermi e affermare che tutto è in realtà strumentale. Come al solito, del merito non importa nulla a nessuno, si tratta invece dell’ennesimo braccio di ferro per cercare di impantanare le cose.

Ritengo peraltro che gli italiani non siano così affascinati dalla discussione su natura, funzioni e modalità elettive del Senato, ma credo anche che alcuni aspetti e tematiche le abbiano da tempo capite ed apprezzate. Ad esempio, che venga superato il bicameralismo paritario ed nuovo Senato abbia funzioni ridotte e distinte dalla Camera, che lo stesso sarà composto da soli 100 Senatori che svolgeranno tale ruolo in conseguenza dell’altro ruolo per il quale già erano stati eletti, che continueranno a svolgerlo in via principale e per il quale ricevevano solo indennità di funzione. 

Peraltro questa era la tesi 4 del programma dell’Ulivo per le elezioni del 1996 

http://www.perlulivo.it/radici/vittorieelettorali/programma/tesi/tesi04.html

Personalmente, ho sempre pensato che il Senato dovrebbe essere un Senato delle autonomie e cioè che dovrebbe rappresentare in modo chiaro ed evidente gli enti territoriali, regioni e comuni, avendo al suo interno quindi le massime rappresentanze istituzionali di questi Enti. Pensavo si parlasse di questo riferendosi a delle modifiche, con qualche piccolissima variazione in questa direzione, invece, come al solito, si è scatenata la richiesta di cambiare tutto e credo di non essere lontano dalla realtà se penso, come diceva Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, “perché tutto possa rimanere com’era”.

La contestazione che il Senato sarebbe non elettivo ma fatto di nominati, e cioè che ancora una volta sarebbe scelto da pochi in non meglio precisate segrete stanze - contestazione che parte dall’assunto che le scelte dei futuri Consigli regionali sarebbero per definizione non buone e non virtuose -, avrebbe dovuto generare eventuali proposte di modifica che affrontassero in modo puntuale questo punto, anziché mirare a destrutturare tutto il provvedimento.

Peraltro, a mio modesto parere, il problema del riconsegnare agli elettori la scelta diretta dei Senatori, unita alla necessità di rendere effettivo il collegamento tra Senato ed Enti rappresentati, Regioni e Comuni, si sarebbe potuto risolvere in modo abbastanza semplice.

Una soluzione avrebbe potuto prevedere che il Presidente della Regione ed il Sindaco del Comune Capoluogo di regione ne fossero membri di diritto, e che per gli altri eventuali rappresentanti delle Regioni, in ognuna di esse diventassero Senatori i Consiglieri regionali eletti con il maggior numero di preferenze, nei partiti cui erano assegnati i seggi. Per i Comuni si sarebbe potuta utilizzare la legge con cui sono eletti i Consiglieri provinciali, ma su base regionale.

Soluzioni pasticciate come listini o liste bloccate onestamente mi sembrano una toppa peggiore del buco.

Ma, ripeto, la mia sensazione è che poco importi il merito e ci sia l’ennesimo tentativo di fermare tutto. Credo allora che sia opportuno cambiare il minimo, anche sui compiti del Senato, e dare ai cittadini quella riforma che attendono da tempo e che noi che abbiamo creduto e continuiamo a credere all’Ulivo aspettiamo da almeno 20 anni.


#lavoltabuona

 

Mino Taricco



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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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