UNA VISITA AL CIE PER CONTRIBUIRE ALLA DISCUSSIONE PARLAMENTARE
Si è svolta nel pomeriggio di venerdì 3 gennaio la visita all’interno del Cie, Centro di identificazione ed espulsione, di Torino.
Ho voluto, con questo sopralluogo, entrare a contatto con le
strutture del centro e conoscerne la realtà generale, per poter collaborare nelle
prossime settimane, dotato degli strumenti necessari, alla riforma dei Cie a cui il
Parlamento sarà chiamato. Sotto la guida delle autorità della Croce Rossa Italiana,
della Polizia, dell’Esercito italiano e della Guardia di Finanza preposte alla
gestione e al controllo della medesima struttura, ho potuto
osservare gli alloggiamenti in cui sono ospitati gli immigrati in attesa di
identificazione e confrontarsi con le figure professionali attive nel centro, tra cui
medici, infermieri, avvocati, psicologi e mediatori interculturali.
stratificati e differenti di caso in caso: a mio avviso, essi, così come qualsiasi
altro fenomeno sociale, non possono essere affrontati senza un contatto reale e una
comprensione approfondita. Per questi motivi, ho allora ritenuto importante essere
presente nel Cie di Torino, al fine di comprenderne a fondo le dinamiche, i rapporti
interni, le problematiche e i conflitti, di ascoltare la voce di chi vi presta
quotidianamente servizio e di avvicinarmi a pieno alla dimensione umana e alle storie
personali degli immigrati che in esso sono ospitati.
La scena politica nazionale è infatti ormai rivolta, da qualche settimana a questa
parte, a tale vicenda, in seguito alle forme di protesta adottate dagli immigrati nel
Cie di Roma e dal deputato del Pd Khalid Chaouki, volontariamente rinchiusosi nel
Centro di Lampedusa. A questo proposito nel mese di dicembre, da un lato, il
presidente del Consiglio Enrico Letta ha annunciato, durante la conferenza stampa di
fine anno, la volontà del governo di attuare una riforma complessiva in grado di
rivedere la realtà degli stessi Cie, e, dall’altro, il viceministro dell’Interno
Filippo Bubbico ha proposto anche una sensibile riduzione del periodo massimo di
reclusione per i migranti nei medesimi centri, ad oggi fissato a 18 mesi.
La rivisitazione di una materia delicata come quella che riguarda il governo dell’immigrazione in generale e l’utilizzo puntuale di strumenti quali i centri per l’identificazione richiede infatti valutazioni attente e concrete capaci di sfuggire luoghi comuni e banali semplificazioni quali quelle che si sentono esprimere con preoccupante frequenza in questi giorni.