UN ULTERIORE CHIARIMENTO SULL'ACQUA PUBBLICA

Pensavo di avere chiarito il senso della posizione assunta da me e dal PD sul ciclo integrato dell’acqua, ma credo necessario offrire un ulteriore chiarimento a quanti hanno ancora ultimamente espresso dubbi in relazione al tema “acqua pubblica”.

Dopo la proposta di legge di iniziativa popolare del 2007 e il referendum del 2011, la Camera ha infatti approvato nelle scorse settimane una legge che definisce i princìpi per tutelare, governare e gestire pubblicamente le acque. 

Va chiarito che non è mai stata messa in discussione la natura dell’acqua che rimane bene pubblico,  la discussione riguarda la natura dei soggetti a cui affidare la gestione del ciclo integrato dell’acqua, vale a dire captazione e distribuzione dell’acqua e depurazione a valle dell’utilizzo. 
I quesiti referendari su cui si raccolsero le firme nel 2010 erano relativi a tre questioni toccate dal Decreto Ronchi, approvato nel 2009 dalla maggioranza che appoggiava il Governo Berlusconi.
Nello specifico: 
- abrogare l'art 23 bis che prevede che le società, per poter fornire servizi idrici, si debbano trasformare in aziende miste con capitale privato al 40%; 
- abrogare l'articolo 150 del decreto legislativo 152/2006 che prevede, come unico modo per ottenere l'affidamento di un servizio idrico, la gara e la gestione attraverso società per azioni; 
- abrogare l'articolo 154, nella parte in cui si impone al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% in più. 
Il secondo quesito fu dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale, per cui si votò nel 2011 sugli altri due. 
Il referendum ebbe esito favorevole sui due referendum e non solo, anche grazie all’intenso lavoro del Partito Democratico. 

Dopo il referendum, la gestione dell’acqua è rimasta di fatto nelle mani degli enti pubblici che hanno deciso, ad esempio nella nostra provincia, di gestirla o attraverso società per azioni a totale capitale pubblico, o con gestioni miste pubblico private.

Lo scopo del referendum, quello presente nei quesiti referendari, era abolire l’obbligo di cessione del 40%  o di dare in affidamento a privati tramite bando e abolire il 7% di redditività stabilita per legge del capitale investito. La convinzione che quelle norme andassero abolite vi era allora e rimane adesso.  
Le modifiche apportate dalla legge, approvata alla Camera ed in attesa di conversione al Senato, hanno l’obiettivo di garantire l’acqua a tutti i cittadini, con un servizio idrico integrato di qualità, con priorità per una bolletta trasparente e risparmio idrico, aumentando il livello di controllo dei cittadini su gestione e obbligo di verifica del risparmio idrico effettuato dal gestore. 

Il servizio idrico integrato viene considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione 'in house', e io credo che per il nostro territorio questa dovrebbe essere la scelta da perseguire. 

Nessun tradimento né supposta incoerenza quindi con il merito dei quesiti referendari.
Sostengo ancora oggi quanto sostenuto allora: la bontà della battaglia referendaria era assolutamente corretta proprio per evitare il rischio di un obbligo di privatizzazione, mentre la norma che abbiamo approvato lascia libertà ai territori di scegliere la formula con cui approcciarsi alla gestione dell’acqua.

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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