VERSO L'ITALICUM
Mercoledì 15 aprile si è svolta l’Assemblea del Gruppo parlamentare alla Camera dei Deputati per decidere l’atteggiamento da tenere sull’Italicum nel passaggio alla Camera.
L’intervento di apertura del Segretario e Presidente del Consiglio Matteo Renzi è stato seguito dall’annuncio del Capogruppo Roberto Speranza di voler rimettere il mandato non essendo, su questo importante tema, in sintonia con la maggioranza del Gruppo.
Dopo alcuni interventi che hanno reso evidente il disagio che la situazione venutasi a creare a seguito delle annunciate dimissioni del Presidente del Gruppo, si sviluppava un interessante dibattito che metteva in luce le diverse posizioni all’interno del Gruppo PD alla Camera, e si concludeva la serata con un voto all’unanimità dei votanti favorevole ( venivano contati 190 voti a favore ) alla approvazione dell’Italicum nei tempi previsti e senza ulteriori modifiche.
Alla votazione non partecipavano alcune decine di presenti contrari alla linea decisa e molte decine di persone avevano già lasciato la sala.
Personalmente rimango convinto che nelle condizioni date il testo in discussione sia il miglior testo possibile e che purtroppo tanta parte delle riserve che emergono in questi mesi siano meramente strumentali e non di merito.
Sono state alimentate in questi mesi polemiche e vengono manifestate preoccupazioni nei confronti di questa riforma che, combinata con la riforma costituzionale che riguarda anche il Senato, sarebbe capace di una deriva per la democrazia nel nostro Paese.
Credo convintamente che questa riforma vada invece nella direzione opposta.
Il cuore di questa riforma sta infatti nell’ attribuire al voto del cittadino il potere di scegliere sicuramente il partito e i suoi rappresentanti in Parlamento, ma anche il potere di indirizzo politico al futuro governo, conferendo alla scelta del cittadino – qualora condivisa dalla maggior parte dell’elettorato – la forza parlamentare sufficiente a sostenere un esecutivo solido e stabile. Come è noto il problema cronico del sistema politico italiano è la instabilità dei suoi governi. Non vi è altro Paese nell’Unione Europea che abbia conosciuto nella sua storia democratica un tale frenetico avvicendarsi (63 governi nei 70 anni dal 1945 al 2015). Tale cronica debolezza non incide solo sulla forza del potere esecutivo, ma più profondamente sul potere del cittadino o, nel suo insieme, sul potere del popolo di imprimere alla politica un indirizzo, una “direzione”.