VIA LIBERA ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL SENATO

Oggi, in terza lettura il Senato ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale in un testo che, secondo gli accordi di maggioranza, dovrà essere quello definitivo. 179 sì (ben superiori ai 161 della maggioranza assoluta), 16 contrari, 7 astenuti. 
Al di la delle contestazioni molto strumentali delle opposizioni, nei fatti potremmo dire che si è concluso il primo round. 
Se è vero che i tempi per l'approvazione definitiva della legge sono infatti ancora molto lunghi è anche vero che un passaggio importante è stato fatto. 
E’ necessario che Camera e Senato votino lo stesso testo una prima volta, nella cosiddetta “prima lettura”. Con l’approvazione di oggi, il disegno di legge dovrà passare alla Camera ed essere approvato senza modifiche perché si possa considerare chiusa la “prima lettura”. Quindi, il testo passerà una seconda volta sia alla Camera che al Senato e a quel punto la si considererà entrata in vigore. Se in seconda lettura la legge non riceverà i due terzi dei voti in entrambe le Camere, servirà un referendum confermativo senza quorum: soltanto se il 50 per cento più uno dei votanti approverà la legge, la Costituzione potrà essere modificata.  
Alla Camera i numeri della maggioranza dovrebbero garantire la possibilità di approvare il disegno di legge senza modifiche. A quel punto comincerà la “seconda lettura”, un voto molto più rapido in cui non si possono più presentare emendamenti o modifiche, con buona pace di quelli che ne hanno presentati letteralmente a vagonate in questo periodo.  Anche al Senato i numeri dovrebbero essere garantiti. Riassumendo quindi, le due Camere dovranno rivotare, si dovrà passare attraverso un referendum popolare e si dovrà pronunciare la Consulta. 
COSA CAMBIA
Con la riforma il Senato avrà meno poteri: la sua funzione principale sarà il raccordo tra Stato e Regioni-Comuni, come suggerito dalla Costituzione, e non potrà più votare la fiducia al governo. 
La maggioranza crede che questo permetterà allo Stato di funzionare meglio e al Parlamento di legiferare in modo più rapido. 
La riforma prevede poi l’abolizione del CNEL e la modifica del Titolo V della Costituzione, che regola i rapporti tra stato e regioni. 
I futuri senatori saranno eletti dai consigli regionali «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge». 
Questa complicata formula è frutto di una lunga trattativa interna al Partito Democratico: in pratica significa che in futuro i senatori saranno eletti dai consigli regionali, che li sceglieranno tra gli stessi consiglieri. 
La scelta non sarà del tutto libera: i consiglieri potranno eleggere solo quei colleghi che erano stati indicati dagli elettori durante le precedenti elezioni regionali. 
In ogni caso, dopo l’eventuale approvazione finale della riforma, sarà necessario approvare alcune leggi ordinarie che definiscano in modo puntuale il funzionamento alla luce del del nuovo assetto costituzionale.

Dopo questo primo risultato si sono levate giustamente molte voci di soddisfazione partendo da Matteo Renzi e dal ministro Maria Elena Boschi che ha seguito il provvedimento, e di tanti di noi che hanno creduto in questo percorso, ma  anche quello dell’ex presidente Giorgio Napolitano, che con la moderazione e intelligenza che gli sono proprie, oltre alla valutazione sul percorso che lui aveva benedetto, ha posto in modo autorevole anche il tema della legge elettorale, sottolineando che "la riforma non è certamente perfetta" ma "l'alternativa era restare inchiodati a distorsioni e storture”. 

E’ stato un primo passo importante, di una politica che vuole superare la percezione di incapacità congenita, e ritornare a dare, alla politica e alle Istituzioni, quella funzione di strumenti per decidere, superando la palude delle parole inconcludenti nella quale purtroppo questi ultimi anni ci avevano trascinato.

di seguito alcuni link per approfondire


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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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