PERCHE’ IL REFERENDUM SUL NUMERO DEI PARLAMENTARI NON APPASSIONA !

Lo avevo già detto quando era stato raggiunto il quorum di firme per la indizione del Referendum,  che per me rimanevano valide ed evidenti tutte le perplessità che avevo cercato di illustrare in occasione del voto al Senato, ma che al tempo stesso non mi entusiasmava su questo tema l’idea di un Referendum, perché se da una  parte questa modifica costituzionale non porta quei miglioramenti di funzionamento del Parlamento che in modo trionfale ci narrano i sostenitori della cosiddetta riforma, d’altra parte, a mio giudizio, non comporta quei rischi catastrofici di attentato alla democrazia e di impossibilità di rappresentanza che ci descrivono i contrari alla stessa. 

Non è una riforma, perché il funzionamento delle Camere non sarà né migliorato e neanche modificato, ma è una semplice riduzione del numero dei Parlamentari, in ossequio e per compiacere una stagione di antipolitica e di discredito delle Istituzioni,  che purtroppo raccoglie molto favore in questa stagione.

Le Istituzioni hanno sicuramente molto da farsi perdonare, ma la cura non dovrebbe essere quella di ridurle, ma di renderle migliori e più credibili.

Ho creduto nella riforma del 2016, che sicuramente non era perfetta, ma avrebbe rappresentato non tanto solamente una riduzione, ma soprattutto una riorganizzazione delle Istituzioni, e credo che di questo vi sia ancora un grande bisogno nel nostro Paese, per dare efficienza ed efficacia alla democrazia, ma i cittadini hanno espresso in modo inequivocabile il loro verdetto e a questo credo sia giusto attenersi.

Sono personalmente convinto che questa riforma non rappresenti però neanche quell’attentato alla democrazia che in molti stanno cercando di rappresentare, perché non è vero che renderà meno efficienti le Camere, anzi i numeri minori potrebbero anche agevolare la qualità del lavoro, e non è vero che renderà impossibile la rappresentanza dei territori, semplicemente richiederà che vengano messe in atto quegli interventi normativi fattibili con legge ordinaria come peraltro era stato concordato  dalle quattro forze di maggioranza in merito alle riforme che dovevano accompagnare questa modifica.

La omogeneizzazione degli elettorati attivi e passivi di Camera e Senato (ovvero che all’età di diciotto anni sia possibile votare per entrambi i rami del Parlamento), la diminuzione di un terzo del numero dei delegati regionali per eleggere il Capo dello Stato, la estensione della base territoriale da regionale a pluriregionale per la elezione del Senato (garantendo in questo modo minoranze ed equilibri territoriali), e poi la revisione del rapporto fiduciario tra governo e Parlamento, interventi che comunque erano necessari, e poi la modifica dei Regolamenti parlamentari con la riduzione dei componenti delle 14 commissioni permanenti, delle Giunte e delle Commissioni bicamerali, dovranno accompagnare la riduzione del numero dei parlamentari per rendere non inutile questa modifica costituzionale.

Ho letto tante contrapposte banalità ideologicamente schierate, e anche qualche riflessione argomentata e sensata, come quelle di Morando e di Ichino, che mi hanno fatto riflettere sulle opinioni che avevo espresso, ma non al punto di ricredermi.
Rimango dell’idea che sia una modifica che in quanto tale non risolve, ma ammetto che paradossalmente può generare una occasione di cambiamento che diversamente forse non si metterebbe in moto.

Con un certo rammarico devo ammettere che nonostante tutto al momento il mio cuore non è appassionato e non mobilita il mio impegno in questo referendum.  

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Provvedimento n.229 dell'8 maggio 2014 - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014.

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